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Diamo per scontata (ma scontata non è) l'ipotesi che la memoria delle ferite castranti inferte dall'imprinting infantile (e da similari esperienze negative e dolorose) sia gestita dal cervello neuronale (dalla coscienza neuronale ed in particolare dalla coscienza percettiva).
E soprattutto dagli elettroni degli atomi che costituiscono i neuroni interessati (dalla configurazione quantica di quegli elettroni che ne perpetuano gli effetti sulla vita e sui comportamenti, ecc. dell'individuo).
Diamo ancora per scontata (ma scontata non è) l'ipotesi che i contenuti istintuali (ed i loro significati/informazioni) ,dei quali la condizione dissociativa impedisce l'accesso alla coscienza, scarichino la loro energia (disinpiegata rispetto al suo scopo genetico) sulle cellule di significativi organi bersaglio producendo ivi effetti patogeni.
Data questa premessa la terapia della parola condotta da un psicologo/a cosciente di sé (che di ciò possa essere inconsapevole avendo vissuto spontaneamente un processo di crescita psichica grazie ad un ambiente parentale particolarmente favorevole a ciò)* dovrebbe avere successo, grazie al transfert che si attiverebbe spontaneamente tra i soggetti interessati.
Nulla in questo campo si può dare per certo e forse la psicoanalisi non è la sola via maestra.
(*) E "scandalosamente" aggiungo che ciò può avvenire anche con un non psicologo che però abbia la stessa configurazione psichica positiva (cioè una psiche "normale" ed adulta) ed animo grande (animo gandhiano) che porti parole d'aiuto a chi soffre.
(scritto il 13/12/22)