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Il razzismo di genere, (ma anche il razzismo in genere contro ogni diversità)  è talmente profondamente radicato nella coscienza dissociata da avere improntato di sé ogni linguaggio plasmandolo a sua misura.

Inutile fare esempi.

Ciascuno o ciascuna può trovare o non trovare riferimenti linguistici o letterari che confermano, anche in ogni linguaggio, in ogni parola  quelle discriminazioni.

Faccio un solo esempio banalissimo*:

Per definire un uomo che si prostituisce si usa una parola quasi musicale:"Gigolo".

Per definire una donna che si prostituisce si usano decine di parole diverse, tutte offensive e dispregiative.

Si tratta di un linguaggio a misura di maschio così come il linguaggio razzista contro i neri è a misura di bianco.

A me appare evidente, anche dalla natura del tipo di linguaggio formato dal razzismo di genere, che esso sia nato inconsapevolmente da coscienze dissociate  appartenenti al genere maschile, deformate da complessi di castrazione di tipo materno (coscienze che con ogni probabilità coltivano profondi odi  verso il genere femminile, su cui proiettano la figura materna altrettanto profondamente ed inconsapevolmente odiata).

Da qui ciò che si definisce “maschilismo” o peggio “machismo” e la presunta quanto mai esistita superiorità maschile.

Coscienze dissociate che vivono la sessualità come forme di costrizione, di umiliazione, di sottomissione della donna (insieme desiderata ed inconsciamente odiata).

(*) Vedere anche il documentario:”Travolti da un’insolita censura"  (Fuori Concorso al 41esimo TFF).Di due autori ovviamente di destra, Luigi Mascheroni e Luca Beatriche,  riprendono tutti i pezzi di films italiani con linguaggio "ridanciano", sessista, maschilista ed omofobo

Dal “fatto Quotidiano” del 2/12/23,   un articolo di Davide Turrini 2/12/23

 

                          (scritto il 02/12/23)

 

 

 

 

 

 


 

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