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La gattina sta accudendo ai cinque suoi gattini.

Ogni volta che entra nella sua  cuccia formula un particolare miagolio al quale segue subito dopo un particolare comportamento di SENSO diverso per esempio il leccare energicamente al cucciolo la testina .

Oppure anche consentirgli di gustare il suo latte e sentirne l’odore.

Messaggi tutti intrisi, permeati, di intensa affettività.

Inevitabilmente la coscienza del cucciolo crea un link tra un determinato messaggio acustico ed un diverso messaggio tattile o gustativo o visivo o olfattivo.

Crea un link tra un significante ed un significato, tra un messaggio ed un altro, tra un linguaggio ed un altro.

Poiché, com’è noto, i felini, come ogni altro animale con sistema nervoso centrale sviluppato, sognano ci si chiede se la loro funzione onirica abbia lo scopo , come per gli esseri umani, di collegare la coscienza dell’animale alla sua istintività.

Domanda direi assolutamente retorica.

Non avendo elementi di conoscenza sperimentale nè potendoli avere è però possibile formulare una ipotesi.

Come fa la coscienza del cucciolo ad integrare il significato dei simboli onirici e quindi, punto dopo punto, costruire i legami tra quella coscienza e la sua istintività?

In altri termini come fa la mamma gatta ad insegnare alla coscienza del cucciolo a sviluppare la funzione intuizione ?

Magari chissà (stiamo facendo delle ipotesi forse fin troppo avventurose) forse quello scarto tra un messaggio sonoro ed un messaggio tattile ed in genere tra un messaggio sensoriale di un tipo ed un messaggio sensoriale di un altro tipo hanno anche lo scopo di insegnare alla coscienza del gattino che ad ogni messaggio di un senso corrisponde un messaggio di un altro senso cioè che è come dire che ad ogni simbolo corrisponde un significato.

Ma sarà solo un caso che la parola “senso” (organo di senso) abbia lo stesso significato, praticamente indistinguibile,  della parola ”significato” (meaning, sense) (contenuto intrinseco del simbolo) ?

Se l’ambiente parentale infantile desse costantemente al bambino messaggi assolutamente “piatti”, privi cioè di scarto tra un messaggio sensoriale di un tipo ed un messaggio sensoriale di un altro tipo, e inoltre scarsamente corroborati dalla affettività parentale, questo non sarebbe per la coscienza del bambino fortemente “diseducativo” nel senso che quell’ambiente , così facendo, si rende assolutamente  incapace di insegnare e sviluppare a quella coscienza la sua funzione intuizione ?

E non potrebbe essere ciò la base di ogni tipo di dissociazione tra coscienza e contenuti dell’inconscio, tra coscienza ed istintività ?

Però noi sappiamo che comunque i messaggi che l’ambiente parentale infantile dà alla coscienza del bambino hanno un significato (il quale faticosamente e talora dolorosamente emerge nell’analisi).

Per cui il risultato è che la coscienza del bambino da una parte non impara ad integrare i significati del suo inconscio e del suo Sé mentre dall’altra parte  acquisisce dall’ambiente un linguaggio composto da simboli e significati completamente distorti e dissonanti dal linguaggio proprio del Sè.

A sua volta l’inconscio  fa suo questo linguaggio simbolico , distorto e distorcente ( sostanzialmente un linguaggio di protesi, un linguaggio sostitutivo ed alternativo al linguaggio proprio del Sé) perpetuando così nel tempo la condizione dissociativa dell’adulto.

Fin qui sui messaggi “piatti”.

Altro discorso è da fare per quanto riguarda i messaggi contraddittori i quali strutturano, già essi da soli, situazioni conflittuali nella coscienza.

 

 

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