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Le protesi del falso sé sono costrutti psichici che la coscienza elabora in mancanza della avvenuta presa di coscienza di parti del Sé corrispondenti.
Sarebbe più corretto definirle: protesi sostitutive nella coscienza delle parti mancanti del proprio Sé.
Questi costrutti psichici ci confermano una cosa già nota e cioè della grande plasticità del cervello/coscienza .
Se un danno cerebrale blocca una particolare funzione l’esercizio riabilitavo consente al cervello di strutturare (in una sua qualche diversa parte) una protesi (in pratica un software) che in qualche modo consentirà all’individuo di riprendere in tutto o in parte l’esercizio della funzione che il danno cerebrale aveva bloccato.
Lo stesso accade per quanto riguarda le protesi del falso sé nella coscienza inconscia e dissociata.
Essendo stata impedita l’integrazione nella coscienza dei significati che definirebbero in essa l’immagine del proprio Sé la coscienza sulla base di pattern occasionali assunti dalla realtà sensibile (pattern rispetto ai quali l’individuo ha frequentazione) struttura protesi sostitutive delle parti del Sé in essa mancanti.
Consentendo così bene o male la sopravvivenza dell’individuo.
Può accadere che se il modello di riferimento assunto dalla realtà è di scadente funzionalità anche il pattern sulla base di esso strutturato , anche il costrutto protesico corrispondente, sarà scadente.
Come dire che alla sfiga non c’è limite.