Ci si può esercitare nel ritrovare significati connessi al processo di crescita psichica nei vari testi dell’antico alchimismo o nel Rosarium Philosophorum.
Ci sono però due poemi epici che dei processi psichici inconsci sono grandiose rappresentazioni simboliche che sarebbero, avendo tempo e voglia, tutti da indagare in quella direzione.
Uno è l’Iliade di Omero che è grandioso affresco simbolico di un potente ed apparentemente inesauribile conflitto intrapsichico risolvibile solo con l’accesso del Sé nella coscienza (la cara vecchia Troia) grazie all’astuzia ed all’intelligenza del suo rappresentante simbolico e cioè Ulisse.
Ma affresco simbolico di ben altra densità è l’altro poema omerico , l’Odissea, la quale va a rappresentare simbolicamente un lungo e complesso percorso di crescita psichica che si conclude anche qui con l’arrivo di Ulisse (sempre lui, sempre quello) nella amata Itaca.
Anche qui ci vorrebbe gran tempo e gran voglia per indagare il significato delle varie tappe di quel lungo viaggio ma mi limiterei qui a due aspetti di esso ed in particolare della sua parte terminale.
La figura di Penelope, nel suo fare e disfare la tela, rappresenta il lavorio inutile ed impotente della coscienza nel cercare di superare da sola il grossissimo guaio nel quale l’occupazione della sua casa da parte dei Porci/Proci l’ha cacciata.
I quali Proci da parte loro altro non rappresentano che le tantissime protesi del falso sé che la coscienza è costretta ad elaborare e costruire per sostituire l’assenza in sè del modello interiore di riferimento (il Sé), che dovrebbe aiutarla e guidarla nelle sue scelte di vita.
Il Sé/Ulisse d’altra parte ce la sta mettendo tutta per cercare di raggiungere casa sua lungo un viaggio decennale lungo e tormentoso rappresentazione di un particolare processo di crescita psichica.
Infine e finalmente come si sa Ulisse arriva ad Itaca , cencioso e malmesso.
Mendicante tra i mendicanti qualcuno disse che egli si presenta alla porta con il viso di Cristo.
Metafora assolutamente pertinente dato che una delle tante immagini simboliche del Sé è rappresentata proprio dal Cristo e la sua via dolorosa è ancora rappresentazione altra di quel percorso di cui si è detto.
Giunto si diceva a Itaca egli affronta i Proci.
Risolutivo è uno strumento a corda,non uno strumento musicale, ma un potente arco.
Un arco del quale solo lui riesce a tendere, agganciandone la corda, e rendendolo così operativo.
Un arco che simbolo e rappresentazione di quella seconda intelligenza , l’intuizione , della quale lungo questo percorso di byte molto si è parlato.
Grazie a quello strumento Ulisse con la sua freccia “fallica” centra i dodici cerchi degli scuri. Omero non a caso sceglie questo numero simbolico il quale talora nei sogni appare come numero simbolo del Sé.
Il centrare i dodici fori degli scuri sta a rappresentare la capacità di capire intuitivamente tutti gli aspetti simbolici della totalità dell’individuo, il suo Sé appunto.
Dopo questa “bravata” di Ulisse inizia allora la mattanza cioè la liberazione della coscienza dalle protesi del falso sé affinchè il Sé, l’immagine del Sé , possa finalmente prendere possesso della sua casa.
A quel punto Penelope (la mente razionale, la coscienza razionale) potrà placarsi nel suo inutile rimuginio , nel suo inutile elaborare a vuoto, in quanto Ulisse ha infine raggiunto il suo scopo.