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Nel corso di questi anni è successo alcune volte che qualche amico o qualche amica avesse bisogno di una parola consolatrice.
Volentieri ho dato loro una mano ed un giorno in un bar , qualche altro giorno in un altro , davanti ad un tazza di caffè, chiacchieravamo dei suoi sogni notturni.
Mi rappresentavano la loro ferita.
E per questo solo fatto implicitamente mi supplicavano di curarla.
Si capisce allora la funzione dei sintomi che tormentano l'individuo.
Ogni sintomo , nervoso o fisico , che affiori alla percezione dell'ego è una implorazione al risanamento.
Ma non al risanamento di QUEL sintomo ma al risanamento della distorsione psichica che sta alla base , ed è causa , della sua insorgenza.
Il medico travisa e prescrive il farmaco.
Il quale allieva il sintomo ma non cura la patologia mentale che è la sua vera causa.
Ed un altro sintomo , un' altra patologia intanto si manifesta urlando di quel bisogno di terapia.
Che non è bisogno non solo di terapia farmacologica ma sopratutto di terapia analitica.
Chiaccherando in quei bar qualcosa capivo io , qualcosa mi aiutava a capire lei o lui.
Erano quelle chiacchierate un arricchimento per me ed un aiuto prezioso per l’amico o per l’amica.
Dopo un’oretta di chiacchiere alla fine una volta i caffè li pagavo io e un’altra volta l’altro o l’altra e ci davamo appuntamento per la prossima volta.
Ho capito così , col tempo , un po’ alla volta , che quando l’altro portava ogni volta a me la sua ferita nello stesso tempo rappresentava a me in quel modo , senza saperlo, anche una qualche mia segreta ferita.
Ed aiutando lui a curare la sua ed a risanarla nello stesso tempo , senza nemmeno saperlo, aiutavo me stesso a risanare la mia.
Tu mi porti la tua ferita, che rappresenta anche la mia, ed io ti aiuto a guarirla , guarendo così anche me stesso.
Alla fine l’amico o l’amica mi ringraziava per la mia disponibilità ed io invece ringraziavo loro.
Loro non capivano perché ma io si.