.
La condizione psichica imposta dall’imprinting infantile è mutabile grazie alla terapia analitica e/o all’autoanalisi.
A domanda che sorge spontanea è: Come mai ?.
L’imprinting infantile è caratterizzato:
- Da una assoluta dipendenza della coscienza del bambino/a e del bambino/a stesso dall’ambito familiare,
- Da un rapporto intensamente affettivo che corrobora la comunicazione di tale ambiente nei confronti della psiche del bambino stesso;
- Dalla formidabile empatia istintiva del bambino nei confronti di quell’ambiente parentale (i genitori appunto);
- Da una comunicazione parentale ricca di significati (il più delle volte purtroppo più distruttivi e/o castranti che costruttivi);
Da questo insieme di comunicazione a viari livelli si struttura , nel bene o nel male, l’imprinting infantile.
La terapia analitica è in grado di modificare e marginalizzare , se non addirittura superare, la strutturazione di quell’antico imprinting (antico nella vita del soggetto ed antichissimo rispetto alla vita della specie umana) in pratica per gli stessi motivi che rende possibile la strutturazione dell’imprinting infantile nel bambino.
Nel corso della terapia l’analista fornisce al paziente la stesso tipo di medicina (questa volta curativa) che la coscienza e l’inconscio del bambino (la sua psiche insomma) ha ricevuto durante l’infanzia (medicina quella il più delle volte velenosa rispetto alla possibilità di crescita psichica).
L’analista infatti dà alla coscienza del soggetto una comunicazione ricca di significati del Sé , del Sé e dell’inconscio del paziente stesso, grazie al by-pass che il transfert ed il controtransfert aziona tra analista e paziente .
By-pass il quale consente il passaggio di significati dall’inconscio del paziente alla sua coscienza riottosa.
Attraverso, letteralmente attraverso, la totalità dell’analista , del suo corpo , dei suoi gesti, della sua postura , della sua consapevolezza, della sua coscienza, del suo inconscio, dei suoi sogni, ecc.
Una disponibilità dell’analista che rievoca , riporta e ri-rappresenta nella terapia la totale disponibilità parentale nel tempo della infanzia.
E se allora quella disponibilità assoluta e totale era assente la terapia analitica e la figura dell’analista la ricrea ex-novo grazie alla singolarità, a tutti i livelli, della sua comunicazione.
Una sorta di induzione alla regressione abreativa.
Una specie di analista quindi assolutamente permeabile alla comunicazione, soprattutto dell’inconscio, del soggetto esattamente all’opposto di ciò che è e che fa la coscienza cieca ed ottusa dello stesso.
In tutto questo opera efficacemente, ovviamente, la capacità dell’analista di comprendere intuitivamente i significati del sogni portati dal paziente in terapia nonché degli eventi, dei sentimenti, dei pensieri e di qualsiasi altro materiale che il paziente ritiene di portare in seduta.