Dopo avere ripetuto qualche volta un qualche comportamento esso tende a diventare una abitudine.
E’ come se la coscienza agisse come un computer che memorizza le azioni ripetitiva e li riproponesse all’occorrenza.
Parrebbe una bella comodità.
Dopo aver ripetuto qualche volta un certo comportamento si può avvertire , all’occorrenza, una certa pulsione interiore , una qualche interiore suggestione, che indurrebbe a ripeterlo.
Se però quel certo comportamento è stato ripetuto una infinità di volte esso, siccome oltre ad essere un comportamento è anche una esperienza nella realtà, costruisce nella coscienza un costrutto il quale quando si radica nell’inconscio induce coattivamente quel tipo di comportamento.
Pensiamo all’infanzia.
La psiche del bambino vorrebbe crescere nella direzione della natura del bambino stesso, nella direzione del suo Sé.
Dato che l’ambiente familiare è composto da individui dissociati i comportamenti che quegli istinti tesi alla crescita psichica inducono nel bambino vengono repressi.
E ciò si ripete più volte.
Il bambino continua ad esperire comportamenti “normali” ,secondo i bisogni della sua crescita psichica ed essi verranno ripetutamente repressi.
La coscienza del bambino comincia allora ad imparare che crescere psichicamente nella direzione del Sé è “male” e comincia invece ad imparare comportamenti adattati alle esigenze del proprio ambiente familiare, composto da individui dissociati.
La sua coscienza, grazie a quei comportamenti ed alle conseguenti reazioni repressive, comincia a costruire costrutti del falso sé.
I quali un po’ alla volta indurranno comportamenti “adeguati” instaurando quindi nella psiche del bambino prima , dell’adolescente dopo e dell’adulto infine il circuito (patologico e patogenico) della perennità.