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I buddisti, durante il periodo di comune meditazione tra maestro ed allievo, utilizzano, che ne siano consapevoli o meno, i meccanismi subliminali del transfert e del controtransfert per contribuire a trasferire significati del Sè dell'allievo nella sua coscienza.
Che poi chiamino ciò “illuminazione” è affare del loro peculiare linguaggio.
Tutto ciò viene chiamato "azione della non azione" e ben si comprende il motivo.
In psicoanalisi tale meccanismo del tutto spontaneo e naturale è esattamente ciò che cura la coscienza malata del paziente (e tutto ciò di somatico che da essa deriva).
Tecnica mentale, per così dire, corroborata dalle consuete quattro chiacchiere le quali apparentemente non hanno nulla a che fare con la terapia.
(scritto il 12/9/23)