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L'esperienza clinica suggerisce che in relazione alla tipologia di certe patologie o di certe ferite se non si guarisce entro 40 giorni la condizione patologica si "cronicizza" , diventa cronica.
La parola "cronica" ha una evidente derivazione da cronos.
E la cronicizzazione della patologia significa che quella patologia diventa pressochè irreversibile ed è destinata a durare nel tempo.
Ci si chiede a questo punto se , al di là dei motivi clinici che sanzionano quella condizione la cronicizzazione della patologia non possa dipendere anche da un altro fattore.
Nella prima fase della malattia la coscienza e l'istinto di sopravvivenza collaborano sinergicamente con gli sforzi terapeutici dei clinici .
Tant’è che talora si usa dire che il paziente seppur inconsciamente "collabora attivamente " oppure “non collabora” alla sua guarigione.
Allo scadere di un certo tempo , per esempio nel caso in esame i suddetti 40 giorni, la coscienza parrebbe arrendersi alla evidenza, prende coscienza cioè della presunta irreversibilità di quella condizione patologica e sviluppa una adattamento definitivo a quella condizione.
Ne sanziona in altri termini la definitività.
Se cosi fosse , ripeto se cosi fosse, è possibile che un aiuto terapeutico mirato a mutare la condizione psichica della coscienza di quel paziente possa contribuire anche al miglioramento ed alla guarigione della patologia dichiarata, stante quella condizione psichica , cronica”?.
Qualcuno si è mai cimentato in questo tentativo o tutti si sono arresi alla diagnosi paralizzante dei clinici ?.