Che si tratti di cavalli, cani, gatti o di qualsiasi altro animale imprigionato in un qualche circo il modo sicuro per rendere l’animale addomesticabile è castrarlo.

Che si tratti di un maschio o di una femmina impedirgli chirurgicamente la capacità riproduttiva e la capacità sessuale è il modo sicuro per rendere quell’animale un giocattolo vivente , una “cosa” viva ,nelle mani dell’uomo.

L’antropomorfizzazione dell’animale passa perciò inevitabilmente per la sua castrazione.

Quella tecnica chirurgica rende l’animale sociale , più sociale, più adatto cioè a soddisfare i bisogni di un essere umano che come quell’animale ha subito , stavolta in senso psichico , analoga “asportazione”.

Lo scopo dell’infliggere ai bambini una castrazione psichica è quello di renderli sociali, più sociali , cioè adatti a sopravvivere in un ambiente sociale , quello familiare, non importa quanto psichicamente malato.

Renderli adatti, adattati ed adattabili a quell’ambiente.

Renderli, anche quì , giocattoli viventi nelle mani della sua famiglia prima e della sua società dopo.

Il prezzo da pagare per queste scellerate quanto inconsapevoli  tecniche psichiche di socializzazione forzata è ovviamente la malattia mentale nelle sue varie declinazioni, le patologie psicosomatiche , la criminalità, ecc. ecc..

Naturalmente viene da chiedersi:

Ma chi l’ha detto che l’individuo libero,  psichicamente adulto, non dissociato , psichicamente non castrato non sia animale sociale e socialmente integrato  quanto e più di quelli che nella loro infanzia hanno subito “il trattamento” ?.

 

 

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