La coscienza percettiva , inconscia e dissociata , è un’area priva di confini.

Essa confinante grazie ai cinque sensi con la realtà esterna non è capace di differenziarsi rispetto a questa realtà.

E’ come se la coscienza percettiva dissociata e la realtà sensibile fossero un unicum indifferenziato, un territorio unico privo di confini e priva , tra l’una e l’altra , di una qualche soluzione di continuità.

Ma ben sappiamo che la coscienza percettiva (la struttura psichica che raccoglie ed elabora gli input dei cinque sensi) e la realtà sensibile, la realtà del mondo,  sono invece cose ben diverse l’una dall’altra.

Eppure la condizione di incoscienza e di dissociazione rende impossibile a questa area di coscienza di differenziarsi individuando la propria autonomia rispetto alla realtà esterna.

 La cosa non è banale.

Questa indifferenziazione e l’incapacità di indifferenziarsi rendono l’individuo preda inconsapevole di ogni suggestione da parte della realtà , degli eventi che si susseguono in essa,  delle informazioni che tale realtà continuamente produce..

Egli pensa e non può rendersi conto che i suoi pensieri non sono suoi ma il frutto inconsapevole delle suggestioni e delle induzioni che la sua coscienza percettiva riceve dalla realtà.

Egli agisce e non può rendersi conto di quante delle sue decisioni sono il frutto inconsapevole di quelle suggestioni.

Egli crede e non capisce che le sue credenze sono il frutto velenoso delle credenze degli altri.

Egli ama ed anche in questo egli è succube di ciò che la realtà lo spinge ad amare.

Egli vuol essere individuo e la realtà lo sospinge sempre di più verso l’uomo-massa.

Egli cerca di individuarsi e la sua stessa realtà gli nega questo diritto.

L’individuo allora invoca , disperatamente e sempre più terrorizzato dal suo non essere , il confine, il limite, il border tra l’essere ed il non essere.

Un confine contro un qualche nemico apparentemente reale ma che è creato solo dalle sue paure e dal suo terrore .

Egli vive indifeso e sperduto come un naufrago il quale disperso nell’infinità del mare si aggrappa disperato  al suo piccolo gommone guardando con infinito sgomento l’immensità del mare che lo circonda e la disperazione della sua solitudine.

Il confine così tanto bramato  non è un confine territoriale ma ciò che egli  invoca è  invece il confine della sua coscienza percettiva.

Questo confine va costruito :Integrando poco alla volta in quella coscienza i contenuti inconsci del  Sé e informando quella coscienza che i confini del proprio Sé, i confini di sé stesso , sono e saranno anche i confini di quella coscienza.

Il limite tra il me e l’altro, il limite tra il me e la realtà del mondo, il limite tra ciò che penso io e ciò che pensa l’altro, il limite ed il confine che difende l’individuo e la sua integrità dalle intrusioni indesiderate e non volute da parte del mondo e che gli restituisce infine la sua vera identità.

 

 

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