Altro che la vecchia, cara psicoanalisi.
Il Buddismo ed i Buddisti (magari senza aver capito nulla di ciò che facevano) erano rispetto ad essa ben più avanti di circa duemila e cinquecento anni.
Se il Buddismo funziona, facendo integrare ai loro adepti la Coscienza del Sè (seppur non in consapevolezza) grazie all'AGITO SIMBOLICO INCONSAPEVOLE (e per altri grazie alla meditazione trascendentale), ciò vuol dire che i comportamenti e la comunicazione spontanea dei genitori COSCIENTI DI SÈ, seppur di ciò inconsapevoli, consentirebbe ai loro FORTUNATI figli di integrare spontaneamente la rispettiva Coscienza del Sè, seppur anche qui non in consapevolezza.
E se un buddista, esperto in meditazione trascendentale, volesse sviluppare un proprio processo di crescita psichica per acquisirne consapevolezza cosa dovrebbe accadere?.
Seguirebbe il ciclo dei suoi sogni, svilupperebbe la propria funzione intuizione, interpreterebbe i propri sogni, ecc., ecc.
E forse dovrebbe avere vita ben più facile seguendo quel suo processo di crescita, del quale le informazioni del suo DNA gli in-segna la strada, avendo egli però "la strada già spianata" dal processo di integrazione inconscio che la meditazione profonda gli aveva già fatto conquistare.
E soggiungo: Se il Buddismo esiste da duemila e cinquecento anni ciò vuol dire in qualche modo che il Buddismo deve aver "capito" la condizione assolutamente catastrofica in cui gli imprinting infantili, ALLORA COME OGGI, incidono nelle coscienze infantili (e quindi nelle coscienze adulte).
Il Buddismo mostra perciò in un certo senso di averlo "capito" da molto tempo.
E la moderna psicoanalisi l’ha capito?.
(scritto il 31/12/24)