Il tema della fuga da una ingiusta detenzione è un tema che, a livello cinematografico e letterario nonché di una quantità di miti e leggende , è stato trattato da sempre con dovizia di particolari.
Si deve allora presumere che questa tema abbia un forte valenza simbolica e cerca o tenta di rappresentare all’occhio inconscio cose che esso non riesce proprio a vedere.
Tra l’infinità di rappresentazioni che della fuga parlano possiamo coglierne due molto note tanto per dimostrare come le cose (segrete !?) della psiche sono a disposizione di tutti e non sono solo materia da psicoanalisti.
La prima fuga è quella descritta nel suo poema da Omero e riguarda il famigerato Ulisse, noto in certo ambienti piuttosto malfamati, come il signor Nessuno.
L’inguaribile curiosità del nostro lo porta , insieme ai suoi marinai , a diventare prigioniero nientemeno che da un gigante con un occhio solo , certo Polifemo.
Il quale gigante , va detto subito, rappresenta simbolicamente una monumentale coscienza solo razionale (per questo il gigante ha un occhio solo) che tiene prigionieri nella caverna (luogo simbolo dell’inconscio) i famosi contenuti del Sé (naturalmente rappresentati da Ulisse e dai suoi marinai).
Come fanno i nostri a scappare dalla orribile galera ?
Guidati da Ulisse (ovviamente il Sé) accecano il gigante (il quale essendo solo razionale già i contenuti dell’inconscio non li poteva vedere manco per niente) e mimetizzandosi da simboli (pardon da pecore) fuggono finalmente verso la libertà.
Nel caso di questa specifica leggenda prima che quei contenuti possano raggiungere la coscienza /Itaca dovranno penare un bel po’.
Attraversare il mare (anche questo tema tipico del percorso di crescita dopo la terapia) ed affrontare una quantità di avventure una delle quali di natura squisitamente sessuale (i marinai tramutati in porci ) ed il nostro perdutamente infigato con la bella Circe.