Non è facile distinguere tra questi tre “oggetti” psichici.
Essi spesso sono avviluppati in un intreccio che all’individuo inconscio di sé risulta inestricabile oltre che , a causa della sua cecità (o meglio della cecità della sua coscienza) , del tutto incomprensibili.
Cosa sia l’amore , nel bene e nel male , più o meno lo sanno o credono di saperlo quasi tutti.
Quello che non si sa è che talora viene confuso per amore l’attrazione che le proiezioni di parti di sé inconsce attingono la persona amata.
Proiezioni che rinforzano e talora rendono insopportabile quel legame affettivo.
Le proiezioni sono inganni della coscienza dell’individuo inconscio. Egli proietta sull’oggetto una rappresentazione di ciò a cui egli è inconscio negando perciò all’oggetto (od alla persona) la sua reale natura ed affibbiandogli invece una immagine fantasmatica , una sorta di allucinazione.
Se l’analista non è molto cosciente e consapevole di sé l’attrazione generata dalla proiezione può essere agita nell’atto sessuale con risultati molto negativi per il paziente e professionalmente sconvolgenti per l’analista.
Non si tratta di una questione di etica professionale o comunque non si tratta solo di questo.
Proiezione ed amore sono spesso divisi da un velo sottilissimo e sono due percorsi i quali debbono essere tra di loro assolutamente alternativi nel corso della terapia.
Se l’analista , accecato dall’incoscienza in quel punto , non riesce comprendere il senso delle sue proiezioni è molto probabile che ciò paralizzi la sua azione terapeutica o peggio che egli passi all’azione.
Altro oggetto psichico molto vicino all’amore è il transfert . Esso è fondamentale per la riuscita della terapia e per la soluzione dei problemi di incoscienza, dissociazione e quant’altro del soggetto in terapia.
Malgrado le diverse e prevalenti correnti di pensiero in psicoanalisi il transfert è oggetto diverso rispetto alla proiezione.
Esso è un veicolo di comunicazione subliminale tra l’inconscio liberato e svuotato dell’analista e l’inconscio dell’analizzato.
Attraverso questo canale contenuti dell’inconscio dell’analizzato si veicolano verso l’inconscio dell’analista che intuitivamente o attraverso l’esame dei propri sogni ne individua il senso.
Che poi restituisce alla coscienza dell’analizzato anche attraverso il dialogo terapeutico inducendone così mutamenti.
Il ritiro del transfert è segno che il lavoro terapeutico è finito in quanto che l’Animus o L’Anima (e quindi a cascata la coscienza) hanno conquistato la capacità intuitiva e che perciò l’analizzato non ha più bisogno di questa “stampella” per poter andare avanti con le proprie gambe.
La coscienza cioè ha individuato il proprio inconscio,che un imprinting ostile le aveva negato, e perciò superato la sua condizione dissociativa e può a questo punto sviluppare autonomamente il proprio processo di crescita verso la coscienza di sé.
Una delle conseguenze della condizione inconscia della coscienza è il non saper distinguere le varie cose l’una dall’altra cioè il con-fondere.
L’incoscienza di sè impasta nella mente del soggetto oggetti psichici molto diversi tra di loro, cioè li fonde insieme , li con-fonde appunto.
Da qui il non saper distinguere tra proiezione e transfert.
Il saper distinguere è una delle positive conseguenze del prendere coscienza.