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Nella fisica delle particelle elementari è noto che poiché la lunghezza d’onda della luce ha una dimensione paragonabile a quella delle particelle elementari ogni osservazione dei fenomeni a quel livello interagisce con i fenomeni che si vorrebbe osservare mutandone la natura.
Per cui l’osservazione non ci restituisce la reale natura del fenomeno ma solo il fenomeno così come è stato mutato dalla osservazione stessa.
La cosa non interessa solo la fisica ma anche la psicoanalisi.
La presa di coscienza (l’osservazione) ha la funzione di portare alla coscienza, di far osservare , una antica esperienza disturbante (ed anticamente rimossa).
Ma questa particolare forma di osservazione , per il solo fatto di esistere , muta la natura di quella antica esperienza disturbante azzerandone proprio gli effetti disturbanti.
Per cui la presa di coscienza/osservazione non ci rende conto della reale natura di quell’antica esperienza disturbante ma solo di un fenomeno che non è più tale rispetto alla sua natura originaria.
La similitudine tra i due principi potrebbe anche far pensare che la presa di coscienza sia un fenomeno quantistico.
Nel senso che l’esperienza disturbante risiede nell’inconscio, proprio per la natura dell’inconscio stesso, in uno stato caotico nel quale essa convive con tutti i suoi stati possibili.
La presa di coscienza sistematizza il fenomeno riportandolo ad uno solo dei suoi stati possibili (collassa cioè la funzione d’onda) e la perdita di quella originaria condizione caotica è ciò che azzera i suoi effetti disturbanti.
Per dirla in un modo più crudo ma forse più comprensibile rimuovere una esperienza disturbante è come far sprofondare nell’inconscio una ventola che gira vorticosamente schizzando merda dappertutto.
Una volta che se ne prende coscienza la ventola si blocca in una sola posizione e la smette di schizzare merda.