L’ego cosciente, questo grande totem della specie umana, nell’individuo dissociato non sa nulla , non conta nulla, non capisce nulla di sé.
Della grande illusione del libero arbitrio, con la quale è stato consolatoriamente circonfuso, gli è consentita utilizzare veramente una sola scelta: quella di prendersi la cura e la responsabilità della propria vita interiore oppure no.
E di solito egli assume su di sé la responsabilità della propria vita interiore e della propria vita in genere solo quando la pressione dei propri sintomi diventa insopportabile.
Il non capire assolutamente nulla di sé è uno dei sintomi, forse il più grave, della propria malattia mentale .
Forse il più grave in quanto è esattamente il sintomo e la condizione mentale che consente alla propria malattia di sopravvivere in quanto impedisce all’individuo di poterla curare e anche perché è talmente diffuso da non essere nemmeno riconosciuto come il sintomo di una patologia mentale.
Parrebbe peraltro che la malattia mentale diffusa sia una specie di risorsa o di strategia con la quale la spinta evoluzionistica della specie umana tenta di spingere l’individuo, “urlante e scalciante”, a sfruttare al massimo le proprie potenzialità psichiche senza inchiodarsi alla sola conquista della razionalità che comunque da quella condizione psichica è fortemente limitata e condizionata.
L’ego nell’individuo dissociato è ai margini del suo essere, del suo mondo, della sua vita. Per quanto sforzi egli faccia per conquistare una posizione migliore e per quanto possa apparentemente esserci riuscirci nulla cambia in quella sofferta marginalità che è soprattutto ed esclusivamente psichica e perciò molto più importante di qualsiasi posizione rispetto alla realtà sensibile.
Solo grazie al processo di crescita egli conquista il”centro della scacchiera” cioè il centro della sua psiche tra l’inconscio e la coscienza di sé.