Gervasio per il suo lavoro ha bisogno di una mano. La chiede con dignità quasi umilmente.
E c’è sempre qualcuno che si offre di aiutarlo.
E quando inizia l’aiuto dell’altro inevitabilmente scatta il daimon di Gervasio.
E sono critiche , incapacità di compromesso, incazzature rabbiose.
Ma come ? Ma se proprio tu hai chiesto di aiutarti !?.
I conflitti intrapsichici di Gervasio sono là tutti vivi, vegeti ed attivissimi.
E lui non aspetta altro che scatenarli ed inverarli nel rapporto con l’altro.
La cosa ricorda ovviamente la favola della rana e dello scorpione.
In un momento di requiem come a scusarsi dice: ma sai i miei genitori c’erano e non c’erano e io fin da bambino mi sono sempre dovuto
arrangiare da solo.
La frase svela un orizzonte.
Si capisce che nel rapporto con Gervasio bisogna imparare a distinguere tra la creatura ferita, spaventata ed indifesa e la sua
coscienza/macchinetta che ha , a causa di quelle ferite, difese alte e forti le quali scattano a difesa per un nonnulla ogni volta che
ci si avvicina a quelle ferite , a quella creatura.
Ma le stesse difese impediscono però, con la stessa energia ed aggressività, ai contenuti dell’inconscio di entrare nella coscienza per
curare quelle ferite.
La coscienza/macchinetta dissociata spara è vero contro il nemico che può colpire e far sanguinare le ferite aperte ma spara anche
contro la Croce Rossa.
Sorge, di fronte all’uomo,alla creatura, dal brutto carattere così aggressivo ed irritante, gran pena e comprensione.