Se il primo o il primissimo passato dell’individuo è stato un sommarsi di esperienza negative (e nessuna esperienza è tanto negativa
quanto il vedersi negare, dal proprio ambiente parentale, il naturale diritto alla propria crescita psichica) e, come sempre succede, tale
rifiuto,tale negazione, si associa , com’è inevitabile, ad una intensa sofferenza che la coscienza tiene lontana da sé e dalla percezione
dell’piccolo ego allo scopo di evitare danni irreparabili si comprende come tale passato doloroso e traumatico venga tenuto a distanza
e dolorosamente respinto continuamente nel proprio inconscio.
A queste esperienze negative e dolorose inevitabilmente seguono come forma coattiva altre diverse e varie esperienze negative e dolorose.
Rafforzando vieppiù la determinazione della coscienza ad allontanare da sé tale “amarissimo calice”.
E ad ogni ulteriore rifiuto ed ogni ulteriore rimozione delle esperienze passate va a rinforzare e ad acuire i termini del conflitto tra coscienza
ed i contenuti dell’inconscio.
Il rifiuto del proprio passato giunge infinea manifestarsi anche a livello cosciente diventando talora un tratto caratteriale.
Talora si può anche passare all’azione e recenti episodi di cronaca internazionale ce ne danno dimostrazione.
Il proprio passato deve , ripeto deve, essere abreagito e via via che la coscienza si allarga e cresce esso deve essere progressivamente
integrato nella coscienza stessa affrontando, percependo e superando la inevitabile sofferenza che ciò porta con sé.
Di fatto la sofferenza vissuta e non percepita nella prima e primissima infanzia deve essere progressivamente percepita e vissuta dall’adulto,
nel corso del processo, superandola progressivamente e bonificando quindi l’inconscio da essa.
E’ questa vera operazione salutare, ancorchè sofferta, di igiene mentale.