Alla nascita si guardano i genitali ed è evidente : E’ un maschio, è una femmina.
In rari casi l’osservazione non è risolutiva e per capire a quale sesso appartiene il neonato occorre ricorrere all’analisi genetica.
Il pensiero semplice (ma fortemente determinato da condizioni psichiche complesse e fin troppo spesso patologiche) per quanto riguarda
il genere di appartenenza si ferma qui.
Inizia l’infanzia.
L’ambiente parentale infantile inconsapevole comincia , come succede di solito, non ad aiutare lo sviluppo psichico del neonato nella
direzione della integrazione del proprio Sé ma invece ad ostacolare in tutti i modi possibili quello sviluppo con azioni repressive e castranti.
L’ostilità diffusa nei confronti dei contenuti dell’inconscio umano ha colpito ancora e ha messo in cantiere un nuovo individuo dissociato da
sé.
A causa delle tantissime possibilità di castrazione sessuofobiche messe in atto da quegli ambienti parentali l’adattamento teso alla
sopravvivenza sviluppato dal singolo bambino o bambina può mettere in crisi l’identità di genere e da adolescente e da adulto la
coscienza del bambino potrà credere di essere nella testa di una femmina e la coscienza della bambina potrà credere di essere nella testa
di un maschio.
E da qui la crisi della identità sessuale di genere.
Per dirla rudemente il maschio farà cose da femmina e la femmina farà cose da maschio.
Una conseguenza questa della devianza della psiche indotta da ambiente parentali infantili inconsapevoli e composto da individui dissociati.
Questa cosa è nota pacificamente in psicoanalisi da decenni.
Da qualche tempo si comincia a pensare ad una didattica che tenga conto di queste cose distinguendo tra l’appartenenza ad un sesso e la
spinta psichica che porta verso il genere opposto.
Alcuni individui, a loro volta vittime nella loro infanzia di quei processi di castrazione psichica sessuofobici, molti dei quali appartenenti a
Chiese fideistiche, hanno drizzato le antenne e le resistenze delle loro coscienze ed hanno marchiato questi tentativi di una didattica meno
repressiva rispetto alle sofferenze umane come “teoria Gender”.
Teoria in realtà inesistente ma la cui invenzione dialettica fa scattare nelle menti "semplici" resistenze di tutti i tipi.
Sarebbe troppo facile offendere queste persone con epiteti come bigotti, conservatori, stupidi, imbecilli ecc.
Si tratta in realtà di persone inconsapevoli che non sanno e non possono capire i limiti potenti che la loro coscienza sessuofobica e castrata
impone loro.
Coscienza che avendo a disposizione per costruire i loro complessi di castrazione l’intero apparato neuronale (diversamente dall’ego cui
quelle coscienze castrate impongono limiti strettissimi alla possibilità di capire) hanno”capito” subito il rischio di quelle didattiche evolute.
E il rischio è che i bambini e le bambine possano acquisire una visone del mondo e di loro stessi meno asfittica, oppressiva e opprimente
rispetto a quella che è stata loro imposta.
Quella didattica non serve a far diventare i bambini e le bambine omosessuali ma a contribuire , minima parte, a far superare visioni omofobe,
razziste, sclerotizzate e sessuofobiche.
Grazie ad esse forse da adulto qualcuno di quei bambini e di quelle bambine potrebbe andare in terapia analitica per tentare di liberarsi
dalle pesantissime e dolorose catene loro imposte da inconsapevoli ed incolpevoli genitori a loro volta dissociati da sè.