Volendo filosofeggiare si potrebbe dire che la vita inizia nel dolore.
Dapprima il lutto ed il dolore per la separazione dall’utero materno.
Simile per la madre e per il bambino alla ineluttabile amputazione di un organo.
Poi l’incontro del neonato con un ambiente parentale che a guardarsi in giro si può ben pensare generalmente ostile alla crescita psichica.
E qui nasce quindi l’ulteriore dolore inconscio della castrazione da sé, della dissociazione.
E questi dolori inconsci e non percepiti rimangono nell’inconscio latenti ma non inerti.
Non percepiti in quanto la piccola coscienza del bambino (e poi quindi dell’adulto) tenacemente attiva potenti difese contro di essi in quanto la loro irruzione nella coscienza potrebbe causare severi danni alla stessa.
E perciò quel dolore ,insieme ai contenuti inconsci indispensabili alla crescita psichica, rimangono là ,nell’inconscio, latenti ma non inerti.
E’ questo dolore il primo ostacolo potente che blocca ogni possibilità di sviluppo psichico.
Lentamente nel corso della terapia questo dolore può affiorare alla coscienza del soggetto , essere abreagito.
Ma c’è un altro modo ed attiene alla comunicazione empatica, alla comunicazione subliminale, al transfert.
L’inconscio dell’analista , ormai liberato, vuoto, ricettivo, percepisce in qualche dall’inconscio del soggetto il suo dolore latente.
Egli nel corso della seduta o qualche ora dopo perciò percepisce come propri quelle emozioni e quei sentimenti: il dolore della castrazione da sé, la mancanza di amore , la disperata solitudine.
Una seduta dopo l’altra percepisce ciò che il soggetto in terapia non può percepire e lentamente perciò alleggerisce il suo carico di dolore.
Finchè il processo di crescita psichica ,liberato da quell’ostacolo , può ricominciare.