Il dolore inconscio del soggetto analizzato (a prescindere da come questo dolore si sia prodotto nel tempo, ma la causa principale è di solito un imprinting infantile castrante che ha bloccato  pressoché ogni processo di crescita psichica) è uno dei principali ostacoli al processo terapeutico.

La coscienza del soggetto attiva contro questo dolore e contro la sua percezione difese potenti a salvaguardia della propria integrità.

Aiutare il soggetto a alleggerirsi di questo dolore inconscio (nel quale confluisce talora anche un bisogno potente ed inesausto di quell’amore mancato nella primissima infanzia) diventa perciò il primo scopo della terapia.

A ciò provvede il transfert instauratesi grazie al quale l’analista percepisce come proprio quel dolore del soggetto restituendolo (si potrebbe dire a dosi omeopatiche) alla coscienza dell’analizzato.

Superata questa fase (e le potenti difese che difendevano dalla sua percezione la coscienza) il processo di crescita entra nel vivo nella direzione di un mutamento verso la presa di coscienza di sé.

In conseguenza di ciò contenuti inconsci attinenti alla costruzione della immagine del Sé cominciano a passare dall’inconscio dell’analizzato all’inconscio dell’analista.

Il quale come al solito li restituisce “in altra forma” alla coscienza dell’analizzato.

Questi flussi di comunicazione a livello subliminale ed a livello di coscienza sensibile saranno in futuro lo strumento della terapia.

L’analista osserva questo aspetto della comunicazione subliminale attraverso uno strumento che ricorda quello dei pescatori di perle del Pacifico: un cilindro metallico con il fondo trasparente grazie al quale il pescatore osserva con nitidezza il fondo del mare.

In analisi questo semplice (e rudimentale) strumento sono ovviamente i sogni del paziente ma anche (e talora soprattutto) i sogni e le sensazioni dell’analista.

 

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