Uno dei problemi principali della psiche (problema , uno dei problemi, che sta alla base delle difficoltà della terapia ed in buona misura della dissociazione da sé) è la diversa capacità di percezione dell’inconscio rispetto alla coscienza.

Le esperienza traumatiche della primissima infanzia (e nulla è così traumatico come un imprinting infantile che paralizza di colpo l’appena iniziato processo di crescita psichica, il quale è bene ripeterlo consiste in sostanza nel continuo dialogo tra coscienza ed inconscio con l’integrazione da parte della prima dei contenuti di quest’ultimo fino a costruire nella coscienza stessa l’immagine del proprio sé) sono percepite in modo nettamente diversa dall’inconscio rispetto alla coscienza in formazione.

Il dolore lacerante di quella primitiva esperienza non può essere percepita dalla piccola coscienza del bambino se non a rischio di drammatiche lacerazioni.

Le difese della piccola coscienza si difendono perciò strenuamente da quel dolore lacerante e lo tengono segregato nell’inconscio stesso.

Inizia così un gap, una diversificazione patologica tra inconscio e coscienza.

La coscienza , bloccata nel suo normale sviluppo, si differenzia nelle esperienze rispetto all’inconscio mantenendo più o meno inalterato un gradiente di diversità.

Soprattutto nella percezione emozionale delle esperienze.

Nel corso della terapia l’abreazione ed i processi onirici tentano tra l’altro di alleggerire quel gradiente fino a “pareggiare i conti” tra percezione emozionale bloccata nell’inconscio e percezione esperienziale della coscienza.

Lavoro questo lungo e faticoso che trascina con sé un carico emozionale che può essere molto intenso e che necessità per la sua percezione emotiva una coscienza adulta, salda e ben formata.

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