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Nella psiche afflitta dal complesso di castrazione si svolge una continua tragedia nella quale operano due personaggi: Il carnefice e la sua vittima.

Il carnefice è il complesso di castrazione, infuso nella coscienza dell’individuo nel corso della sua infanzia, da un ambito familiare le cui psiche erano afflitte dallo stesso identico problema.

Il carnefice trae la sua energia distruttiva dall’inconscio nel quale nel corso del tempo si è radicato e da queste radici infette viene continuamente energizzato.

La vittima è invece il Sé dell’individuo , i contenuti del suo inconscio e quella piccolissima  parte della coscienza , se anche esiste, nella quale all’inizio di tutto sono affiorati i primissimi contenuti istintuali dell’inconscio e nei confronti della quale ha efficacemente operato la dissociazione controllata il complesso di castrazione dominante l’ambito familiare infantile.

L’insopportabilità del lacerante  conflitto intrapsichico creato da questi due potenti istanze interiori induce l’individuo a proiettare volta a volta sull’altro , a seconda delle circostanze , o il suo interiore carnefice o la sua interiore vittima.

Il nazista proietterà il suo odiatissimo carnefice sull’inerme popolo ebraico o sulle altrettanti inermi diversità che dappertutto arricchiscono le società umane.

L’odio divorante verso quel suo interiore carnefice lo indurrà nella tragica e terribile illusione che l’eliminazione fisica dell’altro risolverà una volta per tutte il suo conflitto interiore.

E nulla lo placherà fino a quando quel folle progetto di morte non sarà realizzato.

Gli incolpevoli ebrei e gli incolpevoli diversi (comunisti, portatori di handicap , rom e sinti, ecc.) proietteranno a loro volta sui nazisti il loro interiore carnefice e talora forse quasi si rassegneranno , anche qui illusoriamente, alla ineluttabilità del loro destino .

Il nazista ancora , per giustificare le sue folli azioni distruttive , proietterà la sua vittima interiore sul “povero” (??!!)  popolo tedesco così ferocemente tiranneggiato   e represso (sic)  dal “cattivissimo” popolo ebraico .

O dai “cattivissimi” vicini o da qualsiasi altro “cattivissimo” che la sua fantasia delirante da qualche parte sicuramente individuerà.

Questo meccanismo psichico che sembra antico ed è invece attualissimo rivive ogni giorno nella esistenza di tutti coloro che di quel complesso di castrazione sono afflitti e che continuamente proiettano sull’altro il proprio interiore carnefice e la propria interiore vittima.

Con risultati sempre drammatici nella vita dell’individuo e talora tragici nella vita degli altri.

Per quanto esso sia distruttivo e devastante il complesso di castrazione, dopo l’imprinting infantile, appartiene all’individuo, è cosa sua  ed è dalle sue stesse energie  psichiche alimentato.

E contro lo stesso individuo sviluppa quella  la sua azione distruttiva.

Soccorre qui una favola, forse di Esopo, che è come tutte le favole metafora, e ben si attaglia a questa situazione:”Una rana sta per attraversare un fiume quando sopraggiunge uno scorpione che le chiede di montare sulla sua schiena ed aiutarlo a traversare.La rana osserva il pungiglione velenoso ed esprime tutte le sue perplessità.Lo scorpione insiste ed osserva che  se dovesse egli colpire la rana esso pure annegherebbe. La rana si lascia convincere ,lo scorpione le monta sulla schiena e la rana comincia a nuotare nel fiume.A metà del guado la coda dello scorpione scatta e punge la rana. La rana agonizzante mentre entrambi stanno per affogare lo guarda stupita e lo scorpione ribatte:Sempre scorpione sono !!.”

 

 

 

 

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