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Il pensiero intuitivo, e la conoscenza che esso consente di acquisire, si trova continuamente a fronte di una aporia per certi versi drammatica.

Cosa fare delle intuizioni, espressione del proprio Sè, quando di esse è impossibile verificare la fondatezza scientifica ?.

Si censurano e si castra sè stessi (antica cattivissima e patologica  abitudine questa) oppure si accetta la nuova conoscenza , intuitivamente acquisita,  anche se di essa non si ha alcuna prova circa il suo fondamento?.

E se questa cosa della verifica scientifica fosse legittima e sacrosanta in ogni scienza e fosse in psicoanalisi una sottile e subdola resistenza al mutamento?.

Propenderei per questa seconda possibilità.

Per troppo tempo la coscienza umana ha sviluppato la propria funzione razionale (fino a raggiungere grazie ad essa livelli di conoscenza straordinari) e per altrettanto tempo ha negato perfino l'esistenza della funzione intuizione e della sua importanza.

Tanto da essere legittimo pensare che lo sviluppo della funzione razionale e di quella straordinaria conoscenza sia strumentale e funzionale alla castrazione nell'essere umano della sua più profonda umanità.

Del resto quello sviluppo ha avuto come punto di approdo una continua esasperazione dei conflitti intrapsichici, una continua esasperazione dei conseguenti e correlati conflitti sociali, una conseguente esasperazione dei conseguenti e correlati conflitti armati ed infine lo sviluppo di armi in grado di distruggere la vita sul pianeta.

Non mi pare un gran risultato.

Forse della verifica sperimentale per accertare la fondatezza delle conoscenze intuitive così acquisite è il caso di cominciare a fottersene.

Sicuramente per quanto riguarda la psicoanalisi la quale moltissimo attiene alla mia vita e a quelle di altri.

E quindi , per quanto mi riguarda,  quelle intuizioni le considero UFFICIALMENTE verificate .

Per quanto riguarda le altre scienze se ne occupi chi può.

    (scritto il 12/2/23)

 

 

 

 

 

 


 

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