Ci si potrebbe chiedere a cosa  serva il teatro e cosa spinga le persone a fare l’attore.

Interpretare un personaggio teatrale significa insegnare alla propria coscienza (prova e riprova) ad emulare nella varietà del linguaggio comportamentale (emozionale, posturale, gestuale, ecc.) l’essenza di quel personaggio.

Lo scopo inconscio di tutto ciò è evidente.

Si cerca (o inconsapevolmente si spera) di riattivare, grazie alla emulazione di un modello di riferimento (il personaggio teatrale appunto) , un processo di crescita psichica a suo tempo bloccato.

In un certo senso emulando il personaggio teatrale, quale che esso sia, si cerca di regredire nel periodo infantile , di essere finalmente altro da sé , altro dal sé attuale , e ricominciare tutto daccapo.

La spinta pulsionale verso questa speranza di conversione verso di sé, verso il proprio Sé, la dà proprio il nemico peggiore del Sé e cioè il Narciso dell’attore stesso.

Ma nel teatro (o nel cinema) c’è anche lo spettatore.

L’interpretazione  del personaggio e la trama della commedia veicolano una quantità di significati alti che hanno molto a che fare con il Sé inconscio dell’autore teatrale o cinematografico , con i contenuti del suo inconscio ,ecc.

Lo spettatore inconsciamente assume nella propria coscienza un modello di riferimento altro nella direzione del Sé, modello che potrebbe aiutare in determinate circostanze e predisposizioni psichiche la crescita dello spettatore stesso.

 

 

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