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L'individuo trascorre la propria infanzia, che se ne renda conto o meno (ma come potrebbe rendersene conto?), sotto l'incubo inconsapevole dell'imprinting infantile che struttura ed ha strutturato nella sua psiche una coscienza dissociata.
A partire, subito dopo la nascita, dalla esondazione nel suo piccolo inconscio dei sovraccarichi degli inconsci parentali.
Quando comincia l’adolescenza l'individuo tenta di affrancarsi da ciò che l'infanzia ha determinato in lui e, a carico presumibilmente della coscienza cognitiva , tenta di sviluppare un adattamento secondario che tenga conto di quel disastro infantile e delle nuove esigenze che la vita adolescenziale propone all'individuo stesso (Gli amici , la scuola. i nuovi bisogni sessuali ed affettivi, una realtà esterna molto diversa da quella fino ad allora vissuta nell'ambito familiare).
Si struttura così, nel corso della adolescenza, un adattamento secondario che tenta di realizzare e programmare un sistema di vita meno disastrato di quello che la coscienza percettiva impone a causa della sua condizione dissociativa, in essa impressa dall'imprinting nel corso della infanzia.
Questo adattamento secondario è un compromesso tra le regole più o meno folli imposte da quell'imprinting alla coscienza infantile e la realtà di una vita, per quanto possibile, normale.
E ciò che si osserva oggi nell'uomo e nella donna giovani e quasi adulti sono i tratti caratteriali risultanti da quell'adattamento.
Ivi compreso, in molti, il bisogno di sostanze che allievino la morsa di quella condizione psichica patologica.
(scritto il 25/2/23)