E' di comune osservazione che l'infanzia dei cuccioli, dei gatti ma non solo, è un lungo periodo di felicità.
Un lungo periodo che dura diversi mesi, a seconda della specie, nel corso del quale piacere, gioia, amore , gioco ed affetto riempiono l'esistenza del cucciolo e si stratificano alla base della coscienza , nella parte iniziale delle esperienze vissute .
Diventando propedeutiche allo sviluppo psichico completo di quella coscienza fino al raggiungimento del completo e totale collegamento di essa con il patrimonio istintuale dell'individuo.
E' ancora di comune osservazione che quando si dà affetto e coccole al gatto adulto la sua coscienza , come se avesse un suo interiore cursore, regredisce alla stagione infantile rivivendo quella condizione emotiva di felicità .
Regressione che il gatto espone nel suo comportamento di manifesta beatitudine.
A differenza dei gatti la coscienza umana, in un gran numero di casi, viene fondata sul dolore.
L'azione castrante che la psiche dell'ambito parentale veicola contro la nascente coscienza infantile porta con sé una serie di sofferenze ,che quella coscienza non è in grado di percepire (per sua fortuna) in quanto vengono prontamente rimosse.
Quelle prime esperienze diventano propedeutiche da una parte al blocco di uno sviluppo psichico normale, al distacco di quella coscienza dal patrimonio istintuale del bambino/a, alla impossibilità poi della coscienza dell'adulto di una regressione verso una inesistente stato di felicità infantile.
Rimangono di questa impossibile regressione i sentimenti della nostalgia e del rimpianto che si attaccheranno poi a qualsiasi occasione del passato che in qualche modo li possano rendere possibili.
Quelle infausta fondamenta di sofferenza si riverbereranno in un'infinità di modi nella vita dell'adulto/a.
Rendendola molto spesso una vita avara di gioie nella quale , in un gran numero di casi , mai è stata sperimentata la felicità.