E' come se ogni esperienza dolorosa costringesse uno o più elettroni ad acquistare energia inducendoli a transitare in orbitali più eccitati.
Ciò li rende in una condizione permanente di sovraeccitazione (le molle cariche) il che li rende attivi nell’indurre i significati, di cui diventano portatori, a rappresentarsi nei comportamenti.
Se invece il significato della esperienza dolorosa viene compreso (se ne prende coscienza) ciò "scarica" quel surplus di energizzazione ed il mutamento quantico indotto, prima “azionato” dall'esperienza dolorosa , ritorna in uno stato di quiete.
Ciò implica che ogni esperienza vissuta genera un proprio microsistema quantico in grado di interferire o non interferire con i comportamenti a seconda se di quell’esperienza (del suo significato) si è presa o meno coscienza.*
E lo stesso accade con i sogni non capiti e dei cui significati non si è mai preso coscienza.
(*) Non so io e nessuno sa se questo meccanismo quantico di interferenza tra materia elementare e psiche (e da quì nei comportamenti) abbia un qualche fondamento.
L'ipotesi formulata è comunque un buon espediente retorico per cercare di capire la perduranza degli effetti negativi delle esperienze dolorose (soprattutto infantili) nei comportamenti umani.