.                    

 

Partiamo da un assunto.

Tutti gli animali (quanto meno quelli con S.N.C. sviluppato)  sognano e sognano affinchè la loro coscienza possa assumere tutte le informazioni relative circa la reale natura dell’animale stesso.

Il suo codice genetico presiede alla  crescita fisica dello specifico animale e lo stesso codice genetico presiede alla sua crescita psichica.

In tutti gli animali , meno che negli esseri  umani nei quali l’ambiente parentale infantile  pone per questi ultimi delle limitazioni enormi rispetto a quello sviluppo psichico. 

Come avvenga l’integrazione delle informazioni che dall’inconscio dell’animale giungono alla sua coscienza può essere solo supposto.

E si suppone che una funzione intuizione innata contribuisca a trasformare i simboli dei sogni in significati cioè in informazioni indispensabili affinchè la coscienza dell’animale si renda conto a quale animale essa appartenga.

Senza di ciò l’animale non riuscirebbe a sopravvivere al suo ambiente naturale.

Si presume ovviamente che non ci sia in quei casi interpretazione cosciente e consapevole

Come questo processo , così come supposto per gli animali  e così come descritto in consapevolezza per quanto riguarda l’umano, avvenga nella realtà neuronale del cervello è cosa da neurologi e da biochimici.

In quanto è più che ovvio che ciò che è percepibile dalla coscienza e dall’ego e ciò che realmente accade nei neuroni cerebrali sono due cose molto diverse tra di loro.

Ciò che è percepibile è rappresentazione e ciò che realmente accade a livello neuronale e biochimico è la cosa in sé.

I monaci buddisti, grazie alla meditazione, raggiungono un controllo della loro mente che li mette in condizione , a seconda del tipo di meditazione alla quale sono stati e si sono addestrati , di controllare e mutare lo stato del loro cervello e delle loro onde cerebrali.

E questo è stato accertato con gli strumenti delle neuroscienze (e.e.g. ,  risonanza magnetica e quant’altro.).

Questa condizione della mente e del cervello implica la conquista di uno stato di straordinaria condizione di quiete e di calma .

E , si ripete , strumentalmente accertata.

Si presume che il prendere  coscienza di sé faccia raggiungere all’individuo più o meno la stessa condizione mentale di quiete e di calma.

Per quanto non sia possibile al momento comparare i due stati mentali, l’uno raggiunto con la meditazione e l’altro a seguito del lungo processo di crescita psichica e  con la presa di coscienza consapevole di sé.

La domanda è:

Ma i monaci buddisti, i quali grazie alla meditazione,  hanno raggiunto quello stato mentale di calma e di quiete diventano anche coscienti di sé , seppur non in consapevolezza?.

Non siamo in grado di saperlo.

Sappiamo però che il processo di crescita psichica e la progressiva acquisizione della totale coscienza di sé fa raggiungere alla mente dell’interprete una condizione di calma e di quiete che , si suppone e si può solo supporre,  è probabilmente corrispondente  a quella raggiungibile con la meditazione (o con livelli avanzati di attività Yoga).

Lo stato di quiete delle mente, conquistato con la presa di coscienza, viene raggiunto grazie  al fatto che il cervello , essendo  venuto in possesso delle informazioni che definiscono la reale natura dell’individuo (la c.d. coscienza di sé, la coscienza del proprio Sé) non è più costretto alla continua  e defaticante elaborazione di infinite protesi del falso sé.

Cioè di costrutti psichici artificiosi che la coscienza è  costretta ad elaborare continuamente ed in permanenza per consentire la sopravvivenza dell’individuo dissociato da sé.

Lo stato di  calma e di quiete mentale è uno stato che si conquista lentamente via via che il processo di crescita va avanti, via via che si diventa sempre più coscienti di sé , via via che le protesi del falso sé vengono progressivamente dissolte dalla coscienza in quanto diventate inutili.

Non solo.

Via via che quello stato viene conquistato la funzione intuizione può operare sempre meglio e sempre con meno resistenze.

Ed ora torniamo alla meditazione.

Si dovrebbe presumere che la coscienza del monaco, il quale con la meditazione abbia raggiunto quello stato di quiete e di calma mentale , grazie a tale stato sia in grado di far funzionare spontaneamente  ed autonomamente la propria funzione intuizione conquistando progressivamente e spontaneamente , in parallelo con il procedere della capacità di meditazione profonda , la propria coscienza di sé.

Grazie al lavoro spontaneo e naturale della funzione intuizione rispetto alla funzione onirica.

Seppure in assoluta NON consapevolezza .

Esattamente come accade per tutti gli animali  con S.N.C. sviluppato che grazie alla funzione onirica ed al lavorio spontaneo e naturale della funzione intuizione, innata nella loro coscienza, diventano coscienti di sé, coscienti della loro reale natura.

Esiste un modo per  verificare la fondatezza di questa ipotesi.

Basterebbe analizzare ed interpretare i sogni dei monaci buddisti ed accertare così quale sia la loro condizione psichica e quale sia il loro livello di crescita psichica.

Se c’è una certezza nella vita è che i sogni non mentono  e non possono mentire.

Può essere fallace la  loro interpretazione ,

Ma questo è un altro discorso.

 

 

Torna alla home pageTorna alla pagina indici Agosto 2019