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Scrive Pasolini, il poeta corsaro:
“Sono come un gatto bruciato vivo,
pestato dal copertone di un autotreno,
impiccato da ragazzi a un fico,
ma ancora almeno con sei
delle sue sette vite* –
Ragazzi come i brigatisti, anche se allora sembravano uomini
come un serpe ridotto a poltiglia di sangue
un’anguilla mezza mangiata
le guance cave sotto gli occhi abbattuti,
i capelli orrendamente diradati sul cranio,
le braccia dimagrite come quelle di un bambino
un gatto che non crepa…”.
(*) Una “vita” nella coscienza, un barlume di sé in essa. E le altre sei inconsce e castrate.
(scritto il 16/3/23)