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“Sentir uscir dalle ferrate porte
Scirocco, Borea, e tutti i Venti in guerra.
Quest’è ‘l Verno , ma tal che gioia apporta.”
(A.Vivaldi – Sonetto per il Concerto in FA maggiore,”L’inverno”).
Come si è più volte ripetuto l’ego e la sua volontà e la sua capacità di libera scelta e di molto , di moltissimo , attenuata dalla condizione dissociativa della sua coscienza .
All’ego è lasciata la consolatoria illusione del libero arbitrio in quanto egli non ha elementi di comparazione tra ciò che fa (su ciò che la sua coscienza dissociata gli consente di fare) e quella reale libertà che è completamente al di fuori dalle sue possibilità.
E restandogli inoltre in gran parte del tutto inconscio ciò che la sua coscienza NON gli consente di fare.
L’ego , quando la coscienza ha integrato tutti i collegamenti con i contenuti istintuali dell’inconscio cioè con i suoi istinti (appena usciti “dalle ferrate porte”) , conquista grazie a ciò un compito molto importante.
Esso infatti ora deve coniugare il proprio adattamento sociale con i propri istinti liberati.
Deve cioè darsi volontariamente e coscientemente una regola.
Regola che è cosa enormemente diversa dalle infinità di coazioni obbligate ed obbliganti con le quali la coscienza dissociata e/o castrata impone il suo dominio malato non solo sull’ego ma sulla totalità dell’individuo.
Regola che molto assomiglia alla morale kantiana.