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Kurtz Claus era uno tosto.
Aveva fatto quasi tutti gli ottomila , alcuni perfino senza l’ausilio delle bombole.
Era esperto e prudente ma aveva un grande cruccio: Non aveva ancora scalato il Grande Masso.
Si chiamava così una impervia montagna collocata in una catena tibetana.
A vederla dal basso non sembrava granchè ma tutti coloro che avevano provato ad arrivare in cima per un motivo o per l’altro avevano fallito.
Eppure anche questa era gente esperta e coraggiosa.
Tutti concordavano che quella era una scalata impossibile e a questo occorreva rassegnarsi.
Un giorno finalmente Kurtz si decise.
Dopo una lunga preparazione per la preparazione degli attrezzi si recò alla base del Grande Masso e piantò lì il suo campo base.
Parti all’alba del giorno dopo attraverso una leggera nebbiolina .
Camminò per giorni e giorni e scalò per altrettanto tempo .
Impiego tutte le corde che aveva a disposizione e tutti i chiodi.
Ruppe tre martelli e perdette lo zaino.
Ed infine si arrese.
Era arrivato molto in alto ma più avanti nella scalata e più in alto non sapeva e non poteva andare.
Si convinse nella sua grande esperienza che quella era una scalata veramente impossibile e che a questo si doveva rassegnare.
Virilmente accettò la sconfitta e cominciò la discesa verso il campo base.
Quì giunto si buttò dentro la sua tenda e pianse a lungo.
Dormì molto ed al risveglio usci dalla tenda per stiracchiarsi.
Guardando verso Est si accorse che protetto da uno spuntone di roccia c’era un altro accampamento.
E mentre lo osservava stupito notò che discendeva il Grande Masso un altro alpinista.
Si avviò verso di lui e dopo una oretta giunse all’accampamento.
L’altro alpinista dormiva e i suoi gli chiesero di lasciarlo riposare.
Gli dissero che quell’alpinista aveva iniziato l’assalto al Grande Masso quattro giorni prima e giunto in cima aveva comunicato esultante, con la radio, la sua vittoria al campo base.
Kurtz rimase incredulo ed attese il risveglio dell’altro.
Dopo qualche ora l’altro si risvegliò ed usci dalla sua tenda felice.
I due si presentarono e Kurtz chiede a Genny della sua scalata.
Genny riconobbe in Kurtz il grande e famoso scalatore e si complimentò con lui.
Kurtz tagliò corto e insistette per conoscere della sua scalata.
Genny non se lo fece dire due volte e raccontò di una nuova strada da lui scoperta sì faticosa ma anche molto agevole.
Strada che gli aveva consentito di giungere fino in vetta dove aveva piantato la picozza con la sua bandierina.
Kurtz lo guardò incredulo e gli disse, dall’alto della sua grande esperienza, che lui, sudando le classiche quattro camicie, non era riuscito ad arrivare nemmeno a metà.
Accusò Genny di essere un buffone ed un millantatore .
Un bugiardo della peggiore specie, insomma.
Genny non si scompose e ripete ciò che aveva fatto.
Aggiunse che aveva lasciato lungo il percorso e le diverse pareti che aveva scalato corde e chiodi e ripetè che sulla vetta del Grande Masso era infissa la sua picozza e la sua bandierina.
Invitò gentilmente Kurtz a seguire quella strada agevole ma piuttosto lunga ed a verificare di persona.
Kurtz gli urlò ancora contro una sequela di grossolani insulti in tedesco che Genny nemmeno comprese essendo sì abile scalatore ma piuttosto analfabeta.
Kurtz avendo esaurito i suoi peggiori insulti girò i tacchi ed andò via.
Genny si ritirò allora sereno nella sua tenda , si riaddormentò subito.
Sogno di essere al caldo sul suo Monte Pellegrino mentre la sua donna si accoccolava accanto a lui , felice.