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Si sa , è conoscenza abbastanza comune , che il mare, per molti suoi intrinseci motivi (se non fosse altro in quanto in esso vivono i pesci , uno dei potenti simboli del Sé), è una formidabile rappresentazione simbolica dell’inconscio.
In tempi di incarognamento collettivo anzi planetario bisognerebbe chiedersi cosa significa voler salvare in mare dei poveri cristi ovvero rifiutarsi di salvarli e di accoglierli.
E’ stato ricordato un episodio del 1979 nel quale il Presidente Pertini , un Uomo, invio tre navi della Marina Militare a salvare i profughi (e ne furono salvati più di 900) che scappavano dal Vietnam e che affogavano nel lontano mare della Cina.
Il salvare e voler salvare vite in mare dice dell’atteggiamento di una coscienza, sì dissociata, ma favorevole alla integrazione dei propri contenuti istintuali e del proprio Sé qualora ad essa fosse indicata la via per procedere in questa direzione.
L’avversione, spesso feroce , contro questa minima forma di umanità dice ancora di una coscienza dissociata afflitta anche da un poderoso complesso di castrazione , complesso che cova, produce e fomenta odio a non finire.
Odio che ha avvelenando e sta avvelenando quell’individuo e che prima o dopo lo porterà anzitempo alla tomba.