Il gioco nei cuccioli è un mediatore culturale che aiuta la coscienza degli stessi cuccioli ad apprendere circa la loro reale natura , aiuta cioè la coscienza a conoscere di sé.
Ancora il gioco aiuta quella coscienza a conoscere dell’ambiente naturale nel quale il cucciolo dovrà ambientarsi e vivere da adulto.
Il gioco dei cuccioli della specie umana avrebbe o dovrebbe avere quella stessa funzione se la conoscenza della coscienza circa la reale natura dell’individuo non venisse impedita dalla castrazione precoce della capacità intuitiva di quella coscienza.
Circa il gioco , spesso compulsivo , dell’adulto si è già scritto.
Anche il partecipare emotivamente al gioco della propria squadra c.d. “del cuore” , cioè il tifare per essa, assolve la stessa funzione del gioco compulsivo dell’adulto.
Ma la cosa non finisce qui.
La funzione intuitiva che in background prova e riprova con infiniti tentativi fino a trovare il significato del simbolo onirico , significato che abbia in qualche modo la propria corrispondenza “sincronica” con la sua collocazione genetica nella coscienza, “fa il suo gioco”.
Testa uno dopo l’altro i vari significati possibili e quanto meno è sviluppata tanto più lontani saranno i possibili significati ritrovati rispetto dalla reale immagine del Sé dell’individuo.
Come ben aveva capito Eraclito già nel 500 a.c. “Il tempo è un bimbo che gioca, con le tessere di una scacchiera:di un bimbo è il regno” – Framm. n.48.
E , come si è già scritto , il tempo così come la scacchiera sono due delle rappresentazioni possibili della coscienza.
Così come il bimbo che gioca con essa richiama con tutta evidenza il “bambino divino” di Jung cioè il piccolo Sè, la nuova vita che ha avuto , finalmente, accesso alla coscienza.