Nel gergo teatrale la quarta parete è la parete virtuale che separa il palcoscenico e l’azione scenica dal pubblico.

Taluni autori teatrale (ed anche cinematografici) talora inventano “la rottura della quarta parete” nel senso che la sceneggiatura prevede che gli attori si rivolgano al pubblico e  dialoghino con esso.

Oppure che l’azione scenica sfondi la quarta parete e continui il suo svolgimento addirittura  tra  il pubblico.

Immaginiamo ora che il palcoscenico con le sue azioni sceniche e le sue rappresentazioni  sia la coscienza dell’individuo e che il pubblico sia invece l’inconscio ed i suoi contenuti istintuali.

La “rottura della quarta parete” da parte della azione scenica  in questa immaginazione rappresenterebbe l’intrusione dei contenuti della coscienza nell’inconscio.

In pratica “l’azione scenica”  del rimuovere nell’inconscio le esperienze negative e dolorose .

Non pare che ci siano autori che abbiamo scritto opere teatrali nelle quali la “rottura della quarta parete” avviene invece al contrario.

Cioè che sia il pubblico  a salire sul palcoscenico e a partecipare all’azione scenica.

Se ciò avvenisse sul palcoscenico sarebbe il caos in quanto nessuna sceneggiatura può prevedere cosa avverrebbe se tale intrusione avvenisse.

In psicoanalisi tale intrusione si chiamerebbe “intrusione psicotica” la quale implica nell’individuo manifestazioni comportamentali ed ideative particolarmente devianti.

Ma se la “rottura della quarta parete” da parte del pubblico verso il palcoscenico avvenisse tramite due  potenti mediatori , la funzione onirica e la funzione intuizione, assisteremmo ad uno spettacolo di grande creatività e cioè  il mutamento la trasformazione della coscienza dissociata.

Grande spettacolo la cui sceneggiatura , il cui progetto è scritto nel codice genetico dell’individuo ed è perciò cosa ben diversa dalla caotica e patologica “intrusone psicotica” di cui si è detto prima.

 

 


 

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