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Nel rapporto, per quanto amorevole ed intensamente affettivo , tra genitori e figli colpisce la ferocia e la determinazione della coscienza genitoriale dominante (sia essa materna o paterna) nell’ambito parentale ad imporre alla coscienza di ogni nuovo figlio una configurazione assolutamente emulativa rispetto alla propria.
Nella assoluta inconsapevolezza degli esseri umani che di questo rapporto sono pur protagonisti.
Quale che sia la condizione di questa coscienza adulta (nevrotica, dissociata, psicotica, manicomiale , ecc.) la spinta istintiva ad imporsi è irrefrenabile e ciecamente determinata .
E’ come se le coscienze dell’ambiente parentale applicassero una potentissima legge di Natura secondo la quale il nuovo nato o si adatta all’ambiente nel quale è nato o soccombe.
Una legge implacabile che consente e ha consentito la sopravvivenza di ogni specie e di ogni individuo di ogni specie.
Il prezzo da pagare per questa ineluttabile spinta istintuale è , di solito, per gli individui della specie umana la negazione al nuovo nato della possibilità di una crescita psichica normale, la negazione di sé, la negazione di tutti o di gran parte dei suoi istinti.
La determinazione di quel processo emulativo , il quale è assolutamente indifferente ad ogni forma di legame d’amore e di affetto e perfino di pietas tra genitori e figli , nasce dal principio naturale secondo il quale il non adattamento all’ambiente psichico genitoriale implicherebbe l’impossibilità di sopravvivenza per il nuovo nato.
Principio fallimentare come mai altri per quanto riguarda la specie umana.
Anzi.
Assolutamente in controtendenza rispetto a quelle esigenze di sopravvivenza.