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“Sii lodato, o mio Dio, che dai la sofferenza
come un divin rimedio ai nostri folli errori,
e come la più pura, la più sublime essenza,
che prepara gli eletti alle gioie migliori!
So che al Poeta serbi un posto entro il celeste
tuo Regno, fra le schiere delle sante Legioni,
e che lo vuoi vicino nelle beate feste
delle Virtù, dei Troni, delle Dominazioni.
So che il dolore è l’unica nobiltà della vita,
cui non potranno mordere i demoni perversi,
e so che per interesse la mia corona ambita
concorron tutti i tempi e tutti gli universi.
ma nè i vezzi sepolti tra le antiche rovine
di Palmira, nè l’oro, nè le perle del mare,
quand’anche incastonate dalle tue mani divine
sul mio diadema fulgido, potrebbero bastare;
il mio diadema è fatto solo di pura luce,
quella che avvolse il mondo appena fu creato,
al cui confronto l’occhio mortal che più riluce
è soltanto uno specchio dolente ed appannato”.
(scritto il 26/3/23)