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O capitano! mio capitano!

"O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è terminato;

la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato;

vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,

mentre gli occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;

ma o cuore! cuore! cuore!

o gocce rosse di sangue,

là sul ponte dove giace il mio Capitano,

caduto, freddo, morto.

 

O Capitano! mio Capitano! risorgi, odi le campane;

risorgi — per te è issata la bandiera — per te squillano le trombe,

per te fiori e ghirlande ornate di nastri — per te le coste affollate,

te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;

ecco Capitano! amato padre!

questo braccio sotto il tuo capo!

è solo un sogno che sul ponte

sei caduto, freddo, morto.

 

Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili;

non sente il padre mio il mio braccio, non ha più energia né volontà;

la nave è all'ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito;

la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;

esultate, coste, e suonate, campane!

mentre io con funebre passo

percorro il ponte dove giace il mio Capitano,

caduto, freddo, morto”.

 

La coscienza di Sé è giunta in porto dopo il tremendo viaggio (La crescita psichica).

Ed il simbolo del Sè, avendo ormai esaurita la sua funzione e raggiunto il suo scopo, come in ogni mito che ne racconti l’epopea,  muore.

 (scritto il 26/3/23)

 

 

 

 

 

 


 

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