.               .

E’ una delle due forme di pensiero (l’altra essendo il pensiero intuitivo).

E' una forma di pensiero che è costretto dalla condizione dissociativa della coscienza ad utilizzare solo una parte,  talora modestissima, della capacità funzionale del cervello.

Utilizza per la elaborazione delle informazioni la coscienza neuronale nella sua parte che non è impegnata costantemente nella elaborazione delle protesi del falso sè in questa parte della coscienza memorizzate.

Elaborazione continua e costante indispensabile per mantenere attiva la coscienza dissociata.

A causa della invasività di quelle informazioni, che definiscono il falso sè, e da quanta parte della coscienza esse impegnano, sia per la loro memorizzazione sia per la loro elaborazione, la parte disponibile per la elaborazione neuronale delle informazioni acquisite con l'apprendimento scolastico od esperienziale può essere di molto ridotta.

Dipende anche da ciò il maggiore o minore sviluppo della intelligenza razionale.*

E dipende inoltre dal mancato sviluppo della funzione intuizione e dalla unidirezionalita della intelligenza razionale che esclude da sé e dalla coscienza stessa tutte le informazioni che definiscono la reale natura dell'individuo.

Informazioni delle quali nega tenacemente l'esistenza essendo rispetto ad esse totalmente inconscia**.

(*) Lo studio, l'esercizio, lo sforzo del capire, l'acquisizione  della conoscenza contribuiscono all'ampliamento della coscienza neuronale (dello spazio occupato da quelle informazioni in quella coscienza) ed allo sviluppo della funzione razionale , pur mantenendo essa  immutata la sua unidirezionalità.

(**) E' come se un essere umano, privo della funzione binoculare (essendo cieco da un occhio fin dalla nascita), volesse convincere un individuo, che invece quella capacità di visione possiede, che la visione binoculare non esiste.

    .                                              (scritto il 11/2/24)

 

 

 

 

 

 


 

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