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In un antico esame un professore chiese ad un giovane studente di zoologia a cosa servisse la coda della mucca.

Lo studente si impappinò nella risposta e fu bocciato in quell’esame.

Gli altri studenti che assistevano all’esame cominciarono a  consultare compulsivamente ed inutilmente i loro libri per trovare la risposta a quella  domanda.

Alla fine chiesero la professore quale fosse la risposta giusta a quella insidiosa domanda ed il professore , bonariamente, rispose : Mi pare ovvio. Serve a scacciare dal corpo della mucca le tante mosche che la infastidiscono.

Recentemente dopo aver sottratto un piccolo topino dalle grinfie di un gatto (e tremo al pensiero dello sguardo d’odio rivoltomi dal pur adorabile micio) mi sono fatto la stessa domanda: A cosa serve la lunga coda del topo ?.

E credo che essa non sia utile tanto al topo quanto sia in realtà l’attrezzo (il traditore!!) che consente al suo predatore di catturarlo.

Quando il topo sgaiattola dentro la tana per sfuggire al gatto la lunga coda lo segue ma consente anche al gatto di arpionarla e catturare così la sua preda.

Le proiezioni sull’oggetto che l’individuo inconscio di sé a “piene mani” profonde inconsapevolmente sul suo ambito sono come la coda del topo.

Da una parte avvinghiano il soggetto e la sua coscienza all’oggetto e dall’altra parte consentono all’oggetto stesso di avvinghiare a sé l’individuo.

Il ritiro delle proiezioni sulle figure materne e paterne , siano esse reali o fantasmatiche , da una parte libera il soggetto dalle dipendenze rispetto a quelle figure e dall’altra parte  libera quelle figure dall’obbligo coatto di tenere avvinghiato a loro il soggetto.

E lo stesso accade ovviamente per qualunque figura od oggetto attinto da quelle proiezioni.

 

 

 

 

 

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