Ci sono persone che orripilano e fanno complessi scongiuri rituali se per caso uno appoggia il proprio cappello sul tavolo.
E il non superstizioso si stupisce e si chiede cosa ci sia di così terribile nell’appoggiare il cappello sul tavolo.
Andiamo ad un riferimento “alto”.
C.G. Jung ha indagato da par suo il simbolismo della crocifissione.
Per dirla sinteticamente egli individua nel simbolo della croce la coscienza (con le sue quattro braccia/funzioni).
Egli osserva ancora che il Cristo, che verrà inchiodato sulla croce, rappresenta il Sé dell’individuo inconscio e dissociato da sé.
Per cui la crocifissione del Cristo viene ad essere simbolo e rappresentazione altissima della presa di coscienza di sé.
Il Cristo, anzi il povero Cristo, nella interpretazione junghiana , rappresenta perciò il Sé mortificato, ferito , straziato, tormentato, massacrato e perfino ucciso dalla coscienza dissociata.
E ritorniamo all’individuo superstizioso.
Nella sua incoscienza egli vede (ma non sa di vederla) nella “tavola” la propria coscienza e nel “cappello” la coscienza di sé.
Per cui il cappello appoggiato sulla tavola diventa per lui una rappresentazione simbolica della presa di coscienza di sé.
Che orrore !
Le sue resistenze , le resistenze della sua coscienza che tentano di preservare lo status quo della condizione dissociativa, si allertano al massimo grado.
Ciò che affiora è il costrutto superstizioso: “Per favore togli subito il cappello da sopra il tavolo !” , e via scongiurando.
Un’altra rappresentazione simbolica che scatena la difesa superstiziosa è l’appoggiare il cappello questa volta sul letto.
La rappresentazione metadice di un affioramento della coscienza del sé (il cappello) dall’inconscio (il letto).
E la reazione delle resistenze è identica a quella di prima.
Ed in tutto questo l’ego cosciente, l’ego razionale, l’ego portatore del cosiddetto libero arbitrio, l’ego titolare della volontà, cosa fa ?
Nell’individuo dissociato ed inconscio l’ego è come il famoso marito cornuto della vulgata popolare: Cioè è sempre l’ultimo a sapere , è sempre l’ultimo a capire !
Le resistenze della coscienza dissociata , per quanto difficili da superare esse siano , non sono però “il male”.
Esse hanno la funzione di preservare lo status quo della coscienza e l’immutabilità della sua condizione patologica.
Ma c’è in questo una ragione estremamente importante: Se il nuovo (i contenuti dell’inconscio) non attingono la coscienza (e vengano da essa integrati) la coscienza stessa non può dismettere il corrispondente vecchio.
Le resistenze in una certa misura preservano l’equilibrio (per quanto instabile , per quanto patologico) della coscienza stessa e perciò dell’individuo.
Ma affinchè il nuovo possa portar via il vecchio è necessario una azione volontaria dell’ego .
Che assuma su di sè la responsabilità del proprio essere e della propria vita.
Che si attivi cioè nella direzione della propria crescita psichica e nel superamento della propria condizione di eterno bambino.