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Nel corso dell’esodo ,dopo la fuga dall’Egitto, il popolo ebraico ha vagato per circa quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la terra promessa.
Nel corso di questo lungo viaggio molti sono morti e il popolo che migrava non aveva certo tempo per soffermarsi a curarne la sepoltura.
Sul cadavere veniva posta qualche pietra e i migranti successivi in segno di devozione ponevano a loro volta qualche sasso sul cadavere fino a formare un tumulo sepolcrale.
E la tomba così improvvisata non poteva, per forza di cose, ricevere altra cura.
Questa mitologia impronta ancora oggi il comportamento degli ebrei nei confronti dei loro cimiteri.
I quali vengono lasciati incolti ed abbandonati alle offese del tempo.
Chiunque va a trovare un proprio caro, ivi seppellito, porta con sé un sasso che depone sulla lapide della tomba.
Con riferimento al pezzo di prima “Pietra filosofale” viene ora da chiedersi: Questo gesto simbolico , il sasso posto sulla lapide, non potrebbe rappresentare simbolicamente il “portare” un contenuto inconscio ad una coscienza abbandonata a sé stessa e priva di ogni cura da parte del Sè ?.
Come se il cimitero ebraico e le sue tombe potessero rappresentare per il popolo ebraico la coscienza “incolta” dell’individuo che poco o nulla sa di sè.