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I regimi dittatoriali , quali che essi siano, sono odiosi di per sé oltre che per i terribili danni e crudeltà che essi producono.
E non si capisce come persone del tutto miti e di normale ragionevolezza, anche a distanza di molto tempo dal crollo di quei regimi, non riescano a prenderne le distanze e a dichiararne l’efferatezza, pur in quei regimi non essendo mai vissuti né averli personalmente conosciuti.
Occorre però distinguere tra regimi dittatoriali ed ideologie alla quale gli stessi fanno o hanno fatto riferimento.
Molti non riescono a riconoscere l’efferatezza di quei regimi in quanto l’ideologia cui essi fanno o facevano riferimento è entrata inconsciamente a far parte del loro senso di identità e loro non sono capaci di distinguere l’una cosa dall’altra, il regime inveratosi e la sua ideologia.
E quella ideologia è diventata la parte “culturale”, l’appendice ideologica delle loro protesi del falso sé, della loro stessa identità.
Non potendosi perciò distinguere da essa, essi difendono, più o meno inconsciamente (o incoscientemente), il pur indifendibile regime alla cui ideologia esso faceva riferimento.
Per cui per esempio taluni sarebbero contro il fascismo, contro il regime fascista, ma sono fisicamente e mentalmente impossibilitati a dichiararsi “antifascisti” perché sarebbe come se fossero costretti a dire “Io sono contro me stesso” (o almeno contro ciò che essi, purtroppo per loro, credono essere il "sè stessi)".
(scritto il 25/4/23)