Stamane mentre sorseggiavo un buon caffè prodotto da una di quelle macchinette automatiche che lo estraggono da piccole capsule riflettevo, la mente ancora annebbiata dai fumi del sonno, dalle curiose origini dei cognomi.
Diverse decine di generazioni fa , diciamo diverse centinaia di anni fa ,Torino doveva essere un grosso borgo agricolo placidamente disteso selle rive del grande fiume , il Po.
E mancando all’epoca l’acqua corrente nelle case, ed ovviamente le lavatrici , le donne del luogo andavano a lavare i propri panni (ed i panni di coloro che si potevano permettere di pagar loro quel servizio) nel fiume.
Per cui doveva essere piuttosto frequente vedere lungo le rive del fiume lunghe file di donne che sbattevano vigorosamente i panni , propri o di altri, sulle pietre di quelle rive.
Lavoro faticoso ed ingrato in quanto le povere donne si allontanavano dal loro lavoro, la schiena dolorante zoppicando (era molto diffusa tra le lavandaie una malattia professionale chiamata ginocchio della lavandaia), guardando astiosamente qualche altra lavandaia la quale non avendo voglia di lavorare andava avanti ed indietro lungo le rive facendo finta di cercare la pietra giusta sulla quale sbattere i panni.
E le povere donne , brontolavano tra di loro: “La cattiva lavandera non trova mai la bona pera”.
Cioè la lavandaia che non ha voglia di lavorare non trova mai la pietra giusta.
Modo di dire che con il tempo è diventato un proverbio locale per definire icasticamente chiunque avesse poca voglia di lavorare.
Sicuramente tra quelle lavandaie sfaticate ce ne erano sicuramente diverse che facevano di cattiva voglia quel duro lavoro.
E le altre lavandaie quando si riferivano ad esse sussurravano: "Quella non è che lava, lavazza."
Nel senso che faceva male e di malavoglia il suo lavoro.
E le donne così marcate assumevano, quasi come soprannome, quel sinonimo dispregiativo:Ecco sta arrivando la Lavazza”.
Ed i soprannomi con il tempo diventano forme aggiuntive del cognome e con il passare delle generazioni diventano cognomi.
Per cui dopo molti secoli i benestanti del posto quando vedevano passare il cavalier Lavazza, uno che aveva fatto fortuna importando caffè da qualche remoto angolo di mondo, si toglievano rispettosamente il cappello, ossequiosamente salutandolo.
Non potendo ricordare le antiche origini di quel cognome nonché della malavoglia di quella antica lavoratrice che a quel cognome aveva , a sua insaputa , dato origine.