Il primo di settembre ho pubblicato un paio di pagine che raccontavano una leggenda che riguardava un ponte ed il diavolo.

E di tale leggenda ho fornito anche la mia interpretazione.

Ora mi raccontano di un’altra leggenda in una provincia distante da quella del ponte di prima che riguarda ancora un ponte ed il solito diavolo.

In questa leggenda c’è un contadino che per raggiungere i suoi campi deve attraversare un largo canale.

Essendo pericoloso attraversarlo a nuoto egli costruisce un ponte provvisorio di legno che però ogni volta le piene spazzano via.

Invoca allora il solito diavolo affinchè gli costruisca un ponte stabile di pietra.

Il diavolo acconsente purchè in cambio gli venisse consegnata la sua anima.

Il ponte in pietra viene costruito ed il contadino anziché donare la sua anima al diavolo lo beffa donandogli quella di una cagna ,

Da cui il nome del ponte.

E’ evidente che il diavolo è simbolo popolare che rappresenta dell’inconscio e i suoi “poteri”.

In questa leggenda , così come in  quella prima citata del “ponte del diavolo”  di Venezia , la scambio richiesto dal “diavolo” va capito.

Il ponte consente il transito da una sponda a quella opposta.

Esattamene come fa la funzione intuizione che consente il transito dei significati dei contenuti istintuali dell’inconscio “da una sponda a quella opposta“, dall’inconscio appunto alla coscienza.

In pratica lo scambio proposto dal  diavolo/inconscio offre la cosa in sé (il ponte/intuizione)  in cambio del suo sostituto simbolico "Anima" , simbolo appunto della funzione intuizione.

Vorrei qui raccontare un episodio a proposito di simboli religiosi travisati nel significato (senza con ciò voler offendere la fede religiosa di alcuno , fede religiosa della quale peraltro io ho il massimo rispetto).

C’era in Romagna un maestro di scuola ateo , comunista e anticlericale.

Le sue lezioni erano ovviamente improntate alle sue idee.

Rimproverato  dal preside a causa di quelle idee  il maestro,  indispettito dal rimprovero,   iniziò la lezione successiva dicendo che avrebbe ora raccontato ai suoi allievi un aneddoto riguardante “il diavulino e la madunnazza”.

Ribaltando in questo modo la credenza valoriale diffusa nel popolo  relativamente a quei due simboli.

Che nel raccontino del maestro volevano rappresentare , ma non credo che lui lo sapesse , il benefico inconscio e la “cattiva” coscienza castrante.

 

 

 

 

 


 

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