Il conflitto intrapsichico , che nella sua condizione di latenza paralizza il rapporto tra coscienza ed inconscio , quando si incarna e si invera  nel conflitto tra individui evoca (si potrebbe dire  finalmente) un repentino afflusso libidico dall’inconscio alla coscienza.

Tale conflitto , incarnato nella realtà dei comportamenti reciproci  , implica anche una riattivazione della eccitazione libidica nell’inconscio di entrambi.

Questa descrizione è un modo altro di ciò che nel linguaggio comune viene definito “il sangue alla testa”.

Cosa che può essere foriera di guai, disgrazie e dolori ove non tenuta sotto il controllo dalla ragione .

I comportamenti provocatori hanno perciò esattamente la funzione di suscitare la reazione “reattiva” , aggressiva e repressiva dell’altro, allo scopo di attizzare nella realtà il conflitto.

E’ come se uno provocasse l’altro (simbolo evocativo del babbo e della mamma) affinchè l’altro possa reprimerlo.

Riattivando così e così perpetuando l’originario conflitto castrante che l’ambito parentale infantile aveva imposto alla coscienza dell’infante.

Rispetto ai comportamenti provocatori la risposta giusta è fare “ventre molle” e non dare a quei comportamenti la risposta reattiva che essi intensamente desiderano provocare.

Lasciando così  l’altro alle prese con il suo conflitto mai risolto.

 

 

 

 


 

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