Se io fossi il cervello mi organizzerei così:

La coscienza percettiva riceve i segnali dai cinque sensi.

Passa i segnali elettrici della vista e dell’udito all’elaboratore centrale (i due emisferi che lavorano in sincronia) il quale elabora i segnali ,digitalizzandoli, e li traduce , sulla base di pattern innati,  in immagini, suoni , colori, ecc. riconoscibili dall’ego.

Questa attività di elaborazione e di trascodifica delle informazioni è esattamente ciò che chiamiamo “intelligenza razionale “ o funzione pensiero (l’intelligenza della digitalizzazione, l'intelligenza che deriva dalla digitalizzazione) .

La quale è anche volontaria.

Uno vuole calcolare la tabellina pitagorica: due per due uguale quattro.

Ma siccome quella la abbiamo già memorizzata alle elementari non c’è bisogno di calcolare basta ricordare.

E allora calcoliamo trenta per undici e trenta più uno zero fa trecento più dieci fa trecentotrenta.

Si diceva se io fossi , ma in realtà non sono.

La funzione intuizione (e la sua corrispondente azione biochimica) che consente il collegamento degli istinti alla coscienza è sicuramente più arcaica della funzione razionale.

Dato che la connessione degli istinti con la coscienza (e con i comportamenti) è funzione  vitale per la sopravvivenza di tutte le specie animali.

Viene il sospetto che la condizione dissociativa , che accompagna la specie umana chissà da quante migliaia di generazioni,  possa essere stata l’escamotage inventato dalla evoluzione per forzare la nascita e “pompare” lo sviluppo della intelligenza razionale nella specie umana.

In mancanza di collegamento della coscienza con gli istinti (ed in mancanza della funzione intuizione) la capacità di problem solving del cervello (la sua elasticità) ha sostituito quella carenza con un’altra forma di intelligenza , quella prodotta dalla elaborazione digitale delle informazioni.

Specialità questa che il cervello aveva già in proprio dato che veniva utilizzata per la elaborazione digitale delle informazioni sensoriali.

Intelligenza razionale  che l’ego può usare a sua discrezione per cercare di capire la realtà.

Se questa è stata una “scelta” evoluzionistica essa è stata un azzardo che è  costata  nel tempo al genere umano una quantità immensa di lacrime e sangue .

Mettendo a rischio , oggi come oggi, la stessa possibilità di sopravvivenza della vita sul Pianeta.

Per una grande quantità di generazioni alcuni grandi pensatori avevano cominciato ad intuire che oltre alla realtà sensibile c’era un mondo altro che sfuggiva ai sensi ed alla intelligenza razionale.

E lo sbocco inevitabile di tale sospetto fu la nascita delle religioni.

Poi un giorno qualcuno fu attinto da un insight , una intuizione fulminante (forse S. Paolo sulla via di Damasco ???) .

E si cominciò a capire che forse esisteva , oltre alla intelligenza razionale, un’altra forma di intelligenza.

La enorme diffusione dei linguaggi simbolici in ogni epoca , in ogni cultura , in ogni popolo (nei miti, nelle religioni , nei riti, ecc.) a qualcuno fece venire il dubbio di quale potesse essere la fonte di tali linguaggi il cui significato era incomprensibile per la intelligenza razionale .

Anzi nemmeno si immaginava che quei linguaggi potessero avere un significato.

Naturalmente la fonte di essi era il linguaggio onirico e l’inconscio.

C. G. Jung ha dimostrato la diffusione in  ogni tempo ed in ogni cultura dei linguaggi simbolici ed ha cominciato ad assegnare intuitivamente ai simboli onirici un significato, uno dei diversi significati che ciascuno di quei simboli veicolava.

Dato che il ritrovare  significati sempre più profondi dei simboli onirici dipende dallo sviluppo della funzione intuizione.

Più essa è sviluppata più si ritrovano  nei simboli significati più profondi.

Esattamente come accade con lo sviluppo della intelligenza razionale :Dapprima si capiscono le tabelline pitagoriche e poi , dopo diversi anni di applicazione ,  si diventa capaci di sviluppare le equazioni di secondo grado.

Grazie alla funzione intuizione ed alla interpretazione intuitiva dei simboli onirici si cominciano a stabilire nella psiche  collegamenti e connessioni tra istinti e coscienza (tra istinti del cervello del serpente (?) e coscienza).

Grazie alla funzione intuizione (in sinergia con il suo corrispondente “substrato”  biochimico) anche gli individui della specie umana possono collegare perciò i loro istinti alla coscienza (ed ai comportamenti) e transitare dalla condizione di robot, pilotati da una quantità di coazioni a ripetere prodotte dalla coscienza dissociata ed elaborate dal “computer centrale” , alla condizione di animali pensanti guidati dalle intelligenze e dagli istinti.

E così il gorilla , uno dei più grandi primati (viene chiamato in un altro modo ma poco importa) , qui ed ora e per ora ha fatto un piccolo passo ed è infine giunto ad un suo approdo evoluzionistico.

Sperando che non sia troppo tardi.

 

 

 


 

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