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La peste , la pestilenza, la pandemia è male in sé e rappresentazione di un’altra molto più diffusa infezione.

Questa psichica.

Infezione che ha come conseguenza la negazione all’essere umano del suo quotidiano pane , il nutrimento salvifico per la sua coscienza malata ed infetta .

Il nutrimento che viene da sé stesso, dal suo inconscio, dai suoi istinti, dal suo Sé.

L’artiglio rovente del diavolo (capiscimi a me!) si è infisso, accecandolo  e  da tempo, nell’unico occhio che poteva consentire di vedere in sè stesso e sé stesso.

E novelli Ulisse rivestiamo ogni volta in noi stessi due parti in commedia.

Accechiamo con l’artiglio rovente quell’unico occhio che ci appare orribile e mostruoso (quello della intuitività) e, cambiando d’abito, accechiamo quell’unico occhio , questo si mostruoso, della razionalità ipertrofica del complesso di castrazione che ci tiene prigionieri. 

Ed intanto il conflitto paralizza.

E si fa mondiale.

L’economista conciona, il politologo blatera , il filosofo farnetica , lo scienziato rassicura.

Tutti o quasi tutti attanagliati nello stesso conflitto paralizzante.

Ciecamente orgogliosi della loro stupenda intelligenza razionale che lentamente li sta uccidendo.

Taluno , per remotivare la ferocia di quella coscienza castrata e castrante , tenta di stordirla con l’alcol, altri con delle droghe.

Altri si rifugiano nella follia.

Cercando una impossibile pace da quel conflitto tremendo.

Ed il pur soccorrevole sonno nemmeno quello ti acquieta.

Che proprio nel corso di esso, quando esso è più profondo, il tuo urlo lontanissimo e pur vicino, proveniente da ciò che è più vitale e più profondo di tè stesso,  ti sveglia rammentandoti il  tuo dovere genetico verso tè stesso e verso la tua vita: Quello di crescere psichicamente superando il dramma della tua infanzia.

Urlo che è sempre di dolore e di sofferenza: Negata, oscurata , rimossa, repressa , castrata.

Sofferenza che ogni volta cerca una strada per esprimersi nella e sulla  lavagna del corpo.