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Riporto questa definizione da non ricordo più quale sito web o enciclopedia :

“Il  valore paradigmatico dei miti definisce la dimensioni del divino - Il mito sarebbe la  rappresentazione di una vicenda esemplare, paradigmatica che narra le vicende di dei, semidei ed eroi. Esso avrebbe valore universale e si proietterebbe sulla vicenda umana prescindendo dal contesto storico contingente”.

E’  questa una definizione , ancorché classica , completamente sbagliata e fuorviante.

Au contrarie : E’ la vicenda umana che si proietta  sui miti ivi rappresentandovisi.

Il mito rappresenta simbolicamente, in molti modi diversi,  la condizione psichica inconscia dell'essere umano .

Il mito quindi rappresenta , paradigmaticamente , alla collettività inconscia tutto ciò che il sogno rappresenta all'individuo.

Èd è  esattamente il  fallimento dei sogni nel riuscire a  portare a coscienza i suoi significati a generare il mito collettivo.

Fallimento determinato dell’incapacità dell'umano di intercettare di quei sogni il  significato a causa della castrazione della funzione intuizione nell’infanzia.

In questo senso il valore paradigmatico del mito definisce simbolicamente la dimensione di un umano inconscio collettivamente negato, represso e castrato.

La dimensione del divino che apparentemente nel mito si rappresenta è un uso stupefacente del linguaggio. Stupefacente nel senso che si dà all’uso ottundente e fuorviante delle  sostanze droganti (l’uso strumentale del “divino” come “oppio dei popoli”) .

Uso che , per quanto posso sapere, con Dio non ha nulla a che fare.

Ed è uso illusionistico  e fuorviante in quanto il mito nulla a che fare con il divino essendo esso prodotto dell' inconscio e della incoscienza umana.

 

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